In piena luce. Nove fotografi interpretano i Musei Vaticani a Milano
Palazzo Reale, Milano ‒ fino al 1° luglio 2018. La luce è il simbolo sacro per eccellenza, segno vitale e metafora del trascendente. La luce è anche il fil rouge della nuova collezione fotografica dei Musei Vaticani, esposta per la prima volta nelle sale di Palazzo Reale nell’ambito della Milano Photo Week.
Dopo il successo della prima apparizione della Santa Sede alla Biennale Architettura 2018, il Vaticano torna a far parlare di sé con In piena luce, una mostra, curata da Micol Forti e Alessandra Mauro, frutto dell’ambizioso progetto che ha portato alla creazione di un nuovo nucleo fotografico all’interno della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani.
Nel 2015 nove fotografi sono stati chiamati a interpretare i Musei del Papa, ognuno focalizzandosi su un particolare aspetto con la propria cifra stilistica. Peter Bialobrzeski ci trasporta all’esterno con uno sguardo a volo d’uccello sulla struttura architettonica; le fotografie panoramiche di Alain Fleischer esaltano la complessità della stratificazione storica degli interni; Antonio Biasiucci ci regala uno sguardo prezioso sui depositi, generalmente preclusi al pubblico, mentre Mimmo Jodice dà voce alla memoria del passato immortalando gli antichi volti della statuaria classica. Francesco Jodice coinvolge lo spettatore e ne esegue il ritratto, creando così una sorta di repertorio in cui la domanda sorge spontanea: chi guarda chi?
I PROTAGONISTI
Un archivio fotografico del presente, dunque. A riprova dell’attenzione che la Chiesa riserva a un linguaggio che è, più di altri, rappresentativo della nostra “era dell’immagine”. In questa direzione sembra muoversi lo sguardo curioso e ironico di Martin Parr, che in Vatican Museums immortala il “popolo di Instagram”, flusso incessante di un turismo di massa di cui esalta i paradossi. Di contro, la sensibilità orientale di Rinko Kawauchi si fa portavoce, con Echo, di una poetica delle imperfezioni, dei silenzi e della contemplazione. Il risultato è una ricerca del dettaglio, ricca di delicate suggestioni, in un perfetto equilibrio tra luce e ombra.
La luce è anche al centro di Spazio e Materia di Massimo Siragusa, un lavoro raffinato incentrato sugli spazi interni, in cui lo spettatore può immergersi in un’atmosfera sospesa e sognante. A Bill Armstrong, invece, l’arduo compito di confrontarsi con la Cappella Sistina. Conscio che l’ombra non è meno importante della luce, Armstrong opta per la dissolvenza e il fuori fuoco, per l’isolamento delle figure – definite da Giovanni Careri “fantasmi fluorescenti” ‒, evocando il genio di Michelangelo in maniera discreta ma potente e ammettendo il distacco come originale via di interpretazione.
TRA PASSATO E FUTURO
La Chiesa, dunque, è al contempo committente e soggetto di una nuova collezione che è sia documentativa sia interpretativa, capace di stimolare l’immaginazione ma anche il ricordo perché – come sostiene Micol Forti – “la memoria non è mai un dato pietrificato ma in continua e necessaria evoluzione”. In questo modo, si esalta non solo il noto compito dei Musei Vaticani quali custodi e interpreti del passato, ma anche un ruolo attivo nel presente in continuità con la missione di Paolo VI, il papa che ripristinò il dialogo tra Chiesa e artisti inaugurando, nel 1973, una nuova collezione d’arte contemporanea.
Ciò che è certo è che questo progetto analizza la complessità di un luogo unico al mondo, con sensibilità e rispetto del passato, ma anche con il coraggio di guardare al futuro.
‒ Elisabetta Masala
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