Sex and revolution. Fotografia in mostra a Reggio Emilia
Palazzo Magnani, Reggio Emilia ‒ fino al 15 luglio 2018. “Se non c’eravate, oggi ci siete” è lo slogan che accompagna il titolo alla mostra allestita in occasione della XIII edizione di Fotografia Europea: sesso e rivoluzione.
Wilhelm Reich, psicoterapeuta di scuola freudiana, teorizzò negli Anni Quaranta del secolo scorso, in clima repressivo e conformista, la liberazione dall’inibizione sociale e sessuale causata dal mondo capitalistico. Secondo Reich, l’essere umano nasce libero e naturalmente orientato alla ricerca del piacere; durante la vita viene però condizionato dalla società e dai suoi precetti morali e religiosi. Fu l’inizio della rivoluzione sessuale, che la mostra si propone di raccontare.
Il percorso offre inizialmente spazio all’approccio che la letteratura dedicò all’argomento: censure e processi riguardarono autori che affrontarono con libertà e spregiudicatezza il tema. Fra chi trattò il sesso nella maniera più esplicita vi furono Joyce, Miller, Genet, Sade, e in Italia Brancati e Pasolini. Nella seconda metà degli Anni Cinquanta furono Herbert Marcuse e Norman Brown a dare nuovo impulso alla politica di erotizzazione del corpo, aprendo e diffondendo il dibattito su contenuti “scomodi” come l’omosessualità, lo scambismo, le coppie aperte e l’amore libero. All’apice di questo percorso, nel Sessantotto le militanti femministe chiesero la legalizzazione dell’aborto e la liberalizzazione della pillola. Simone de Beauvoir, autrice de Il secondo sesso, parlava di un amore libero dal dovere e dalla legge. Si diffuse la pornografia (Playboy, Penthouse, Playmen…), che rese esplicite le pratiche della rivoluzione. L’Olympia Press pubblicò in quegli anni Lolita e Il Pasto Nudo e molte altre case editrici si approcciarono alla letteratura erotica. Nelle sale cinematografiche il sesso diventò oggetto di racconto e si fece più libero, si portarono sullo schermo l’erotismo e scene di nudo meno velato.
UNA SANA LIBERAZIONE
Pier Paolo Pasolini girò nel 1965 il docufilm Comizi d’amore, alla ricerca sincera di opinioni sulla sessualità e la famiglia, un tentativo di riflessione nella “vecchissima, innocentissima, caldissima Italia degli Anni Sessanta”. In quegli anni, i modelli di cultura hippy e beat diffusero con ancora più forza e rapidità la libertà sessuale e l’amore libero. In lotta contro la censura, questi autori furono ritenuti spregiudicati e dissacranti. E poi ci fu il rock, la ricerca del piacere attraverso il suono, le parole, i concerti, le rock star: icone sessuali che in quegli anni cantavano frasi come “Why don’t we do it in the road?”. Nel frattempo, la moda mutò radicalmente, liberando e scoprendo il corpo. Le conquiste di quell’epoca i furono inizialmente portatrici di una sana liberazione dalle costrizioni della società. La ricerca di leggerezza e della possibilità di una piena espressione di sé si rispecchia nel percorso espositivo che racconta allo stesso modo lieve questa conquista, storicizzandola.
PORNOGRAFIA E AMORE LIBERO
La sezione della mostra al piano terra, esplicitamente dedicata alla pornografia, riflette invece sulla deriva della rivoluzione sessuale. Da un lato la posizione conservatrice interpretò la diffusione del libero amore come una minaccia al matrimonio e alla solidità della famiglia, dall’altro il parere femminista vi intravide il pericolo della diffusione del corpo delle donne come mero oggetto sessuale. La pornografia come mercato enorme esploso in quegli anni e divenuto incontrollabile dal suo ingresso nel cinema, nella televisione, nella rete, in un processo di progressiva legalizzazione.
Al contrario, il libero amore e la nudità contestatrice non somigliano più a uno scandalo: queste immagini portano con sé l’energia delle lotte, delle conquiste, della libertà. Sono corpi autentici, così belli in questa loro verità, come moderni Adamo ed Eva in un Eden sfigurato.
‒ Anna Vittoria Zuliani
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