Les Rencontres ad Arles. Quel che resta del festival della fotografia più famoso d’Europa
Ad Arles, dal 2 al 7 luglio, si è svolta la settimana inaugurale della 49esima edizione della rassegna più importante per la fotografia in Europa. Ma, a due mesi di distanza, nel cuore della Provenza, cosa rimane di quel fermento? Siamo stati ad Arles, ecco cosa abbiamo trovato…
Potranno mai gli statuari Weimaraner del fotografo statunitense William Wegman (Holyoke, Massachusetts, 1943), affissi su muri e pareti del borgo caro a Van Gogh, oppure i numerosi banner bianco e azzurro, o ancora la trentina di mostre visitabili, mascherare il vuoto senza significato dei Rencontres de La Photographie qualche settimana prima del finissage? Lo svuotamento fisiologico che accompagna ogni rassegna d’arte o di fotografia, nei giorni successivi alle celebrazioni inaugurali è fatto certo. Ma come si è trasformata l’edizione di Arles, a quasi cinquant’anni di età, e dopo due mesi di apertura al pubblico? Cosa resta del fermento della settimana inaugurale, scandita dagli incontri con Birnbaum e Obrist, dei tour con Gilbert&George, Depardon, Paul Graham, Brodsky, Tillmans o Abdessemed? Cosa rimane al pubblico di un Festival quando viene svuotato dei suoi protagonisti?
L’EDIZIONE 2018
Dal 2 al 7 luglio, la cittadina della Camargue ha offerto, in pieno fervore: proiezioni, performance, premiazioni, talk, presentazioni editoriali, incontri con i protagonisti dell’arte e della fotografia, portfolio review, inaugurazioni di mostre e un pubblico record di 18.500 presenze. Nel 2017 i visitatori sono stati complessivamente 125.000; alla fine di agosto 2018, le stime degli ingressi totali sembrano già proporzionalmente superate. Attraverso l’apporto di 7.200.000 euro di budget, il festival nel 2018 ha vantato il supporto di fondi pubblici del 23% rispetto al budget totale (nel 2017 erano il 35%). Olympus, Luma Foundation, BMW e SNCF continuano ad appoggiare visioni e dibattiti cari al direttore Sam Stourdzé (l’America di ieri e di oggi, le rivoluzioni del 1968, il destino dell’uomo, tra transumanesimo e introspezione collettiva, nonché le questioni geopolitiche più urgenti). Riconfermato direttore, Stourdzé ha riunito, quest’anno, al richiamo di Back to the Future 151 artisti e 49 curatori da tutto il mondo.
I PREMI 2018
Les Rencontres de La Photographie rappresentano un piedistallo calpestabile, alla portata di nuovi talenti (da Baptiste Rabichon a Olga Kravets), di professionisti emergenti (da Gregor Sailer, passando per Cristina de Middel, a Apichatpong Weerasethaku) e di resti e celebrità (da Gilbert &George a Jane Evelyn Atwood al curatore Simon Baker). Basti pensare ai premi assegnati: con 25.000 euro il Prix Découverte (Discovery Award) ha impalmato la performance fotografica “La défense, la regard qui s’assaye” di Paulien Oltheten(1982); il Prix de la Photo Madame Figaro-Arles(anche Public’s Choice Award) è stato consegnato a Wiktoria Wojciechowska per “Sparks”, un collage dorato realizzato su una foto scattata dal cellulare di un soldato ucraino durante la guerra nella regione del Donbass (2014). Per quanto riguarda l’editoria fotografica, il Prix du Livre d’Auterur (Contemporary Book Award) e il Prix du Livre Historique(Historical Book Award), due premi dal valore di 8.000 euro, sono stati vinti rispettivamente da Laurence Aëgerter con “Photographic Treatment”, una serie di cinque libri con 30 dittici fotografici in bianco e nero e da Julius Neubronner con “The Pigeon Photographer”.
LA MOSTRA SULLA STORIA AMERICANA
Les Rencontres de la Photographie risultano un momento di scambio, di trasmissione ravvicinata con i segnali che la rappresentazione fotografica della realtà e l’immagine in movimento ci inviano. In piena era Trump, ad esempio, e a distanza di sessant’anni dalla pubblicazione del libro seminale di Robert Frank “Les Américains”, che fu capace di svelare un’immagine sconosciuta del paese, Les Rencontres mettono in scena la storia americana attraverso lo sguardo di cinque fotografi – Robert Frank(Svizzera, 1924), Raymond Depardon(Francia, 1942), Paul Graham (Inghilterra, 1964), Taysir Batniji(Palestina, 1966), Laura Henno (Francia, 1976). Oggi, a distanza dalle premesse e dagli intenti di America Great Again! (titolo dell’approfondimento sull’attualità che intendeva proporre una riflessione visiva sull’America) la mostra di Frank, un percorso che vanta decine di icone in bianco e nero, è la più affollata, rispetto alle sezioni dedicate a Depardon, Graham, Batniji e Henno.
LE MOSTRE COLLATERALI
Continue frotte di visite organizzate entrano nel chiostro, al piano terra dell’Espace van Gogh, dopo aver varcato velocemente i tre spazi che insistono su Place de La Republique, rispettivamente: Cloitre Saint Trophime, Palais de l’Archeveché e l’Eglise Sainte-Anne, mentre esposizioni più liminali rispetto al centro, e allestite con minore sforzo, come quella di Feng Li (a La Maison des Lices) oppure le sperimentazioni create negli spazi diroccati della Croisiére restano poco frequentate, libere dalla folla ma anche dagli avventori comuni. Forse a causa della differenza tra spazi a ingresso libero oppure a pagamento, Arles, offre ai turisti sedi svuotate, di senso più che di contenuti. Palazzi che rientrano nella mappa ufficiale de Les Rencontres (come Thèatre antique, Salles des Fetes, Mistral e Ground Control in Avenue Paulin Talabot) ma che non conservano né valorizzano il collante fertile dei giorni di inaugurazione (La Chapelle de la Madeleine o lo stesso Parc des Ateliers, con il cantiere della torre di Frank Owen Gehry in piena costruzione) provocando aspettative deludenti (circa 40 minuti di attesa per visionare un solo filmato al VR Arles Festival al Couvent Saint-Cesaire) oppure, alla meno peggio, irraggiungibili sorprese (come il Prix du Livre negli spazi al primo piano del Monoprix di Place Lamartine).
– Ginevra Bria
Arles // Fino al 23 settembre 2018
Les Rencontres de la Photographie
www.rencontres-arles.com
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