Il ’68, gli Stati Uniti e la fotografia. A Bologna
A cinquant’anni dal Sessantotto, la mostra alla Fondazione MAST di Bologna racconta in 54 scatti l’anno che ha ridisegnato la società americana e insieme è stato l’apice della gloria del fotogiornalismo.
In un momento storico denso di avvenimenti, e in cui la tecnologia si era definitivamente affermata anche nel mondo dell’informazione parallelamente al consolidarsi della forza dell’opinione pubblica, la fotografia assunse un’importanza fondamentale nel raccontare le dinamiche sociali e politiche della società. Il 1968, anno cruciale per lo sviluppo del secondo Novecento, sopravvive nella memoria collettiva anche grazie alle “icone” che la fotografia ci ha lasciato: dalle manifestazioni di piazza allo sport, dal pacifismo agli assassini a sfondo politico, il diario visivo di un anno irripetibile, immortalato da professionisti del calibro di Eddie Adams, Steve Schapiro, John Olson e Bill Eppridge.
UNA SOCIETÀ IRREQUIETA E CONTRADDITTORIA
Nel 1968 la società d’anteguerra era ormai un ricordo. Il benessere economico, accompagnato a una rinnovata coscienza civile, aveva permesso alla generazione dei ventenni di far sentire la propria voce a livello politico e sociale. Le minoranze rivendicano i loro diritti, la causa della pace guadagna migliaia di adepti (da New York a Oakland ‒ dove si trovava uno dei più grandi terminal militari per i rifornimenti destinati al Vietnam ‒, le manifestazioni pacifiste erano all’ordine del giorno), ma, paradossalmente, fu proprio nel 1968 che i repubblicani tornarono al potere negli USA, dopo l’incolore presidenza democratica targata Johnson. L’elezione di Richard Milhous Nixon in novembre riportò alla realtà un’America ancora sotto shock per l’assassinio, in giugno, del candidato democratico Robert Kennedy.
E intanto, lo show andava avanti, fra i divi dello sport e del cinema; nasceva lo star system, che gettava le premesse per la “società dello spettacolo” e l’indebolimento dell’opinione pubblica.
LA RIBALTA DELLA VIOLENZA
Quell’utopia che appena un anno prima era sembrata a un passo dal realizzarsi, si dissolse invece nelle violenze di piazza, nell’odio razziale, negli assassini politici. Prima di Kennedy era toccato a Martin Luther King, il cui assassinio, il 4 aprile a Memphis, gettò nello sgomento la comunità nera, e mentre l’opinione pubblica americana s’indignava per le violenze in Vietnam, nessuna reazione per la protesta degli atleti Carlos e Smith, che alle Olimpiadi alzarono il pugno in difesa dei diritti dei neri. E furono squalificati oltre che radiati.
Immagini commoventi, dolorose, grandiose per la speranze che hanno evocato e per la delusione che hanno invece concretizzato.
‒ Niccolò Lucarelli
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