Tra fotografia e storia. David Rubinger a Roma
Museo di Roma in Trastevere, Roma – fino al 4 novembre 2018. A settant’anni dalla fondazione dello Stato di Israele, le fotografie di David Rubinger ne ripercorrono la storia.
Messaggi di pace che si intersecano con strumenti di guerra; storie di fughe, di transito, di destinazioni lontane cercate in sogni di speranza. Occhi di bimbi che hanno perso il brilluccichio dell’ingenuità che appartiene loro per nascita. Oltre sessanta scatti in bianco e nero che condensano in immagini emozionali attimi di dolore, vite combattute, conquiste della memoria; fotografie realizzate da David Rubinger (Vienna, 1924 ‒ Gerusalemme, 2017), individuo dalla particolare sensibilità artistica e umana, maestro dell’obiettivo.
Un viaggio che ha inizio con uno scatto, un fotogramma che promette la fine di una guerra infinita in virtù della tanto agognata pace. Immagini dotate di rumori, odori, che catturano la realtà cruda offrendola ai sensi e condensando la storia in uno scatto.
SCATTI MEMORABILI
Rubinger irruppe nel fotogiornalismo, al quale si dedicò per cinquant’anni, seguendo le guerre di Israele, avendo accesso agli spazi dedicati ai leader governativi; un’occasione senza precedenti che portò a scatti memorabili come quelli di Golda Meir con l’immancabile sigaretta. Fotografie che mostrano uno spaccato di quotidianità, immortalando Shimon Peres mentre riordina i libri della sua biblioteca o Ehud Olmert che aiuta la moglie in cucina o, ancora, David Ben Gurion con il pugno alzato e i capelli scomposti dal vento.
Storie di donne coraggiose che resistono e combattono, che si prendono cura dei feriti. Capi di governo il cui sangue ha ormai imbrattato ogni canto di pace. Sagome nel deserto, tracce di guerra che avanzano nel Sinai. Tessere di un mosaico che restituisce una visione complessiva amara. Occhi che non vedono ma che accarezzano l’utopia di una patria libera; occhi emozionati che contemplano la speranza, come quelli di un gruppo di paracadutisti immortalati con le spalle al Muro occidentale mentre volgono lo sguardo lontano.
SEMPLICI VERITÀ
Una produzione, quella di Rubinger, che giunge al cuore di chi osserva le sue fotografie, così semplici eppure così veritiere, specchio di storie non edulcorate da alcun artificio ricercato per inseguire scatti sensazionali. Una storia fatta di uomini, di donne, di bambini, di un’umanità che ha combattuto per mutare il corso della storia. Una sensibilità probabilmente accentuata dalle vicissitudini personali che lo videro emigrato in Palestina nel ’39 e sfuggire alle persecuzioni razziali.
‒ Ilenia Maria Melis
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