Fotografare l’esistenza. Lisetta Carmi a Roma
Una donna in cui si sono espresse esistenze diverse: apprezzata pianista prima, fotografa impegnata poi e infine seguace ispirata del guru indiano Babaji. Una grande antologica della sua produzione fotografica è per la prima volta al centro di una esposizione pubblica nella Capitale, al Museo di Roma in Trastevere.
L’esistenza di Lisetta Carmi (Genova, 1924) attraversa il Novecento incarnandone le contraddizioni e trasponendole in forme differenti dell’espressione poetica. È la sua stessa vicenda umana a dipanarsi nelle sale della mostra: ebrea di origine borghese, è presto costretta delle leggi razziali a interrompere gli studi. Le resta solo la passione per il pianoforte, che la conduce come concertista in molti Paesi, tra cui Israele.
A 36 anni viene folgorata dalla intensità espressiva del mezzo fotografico. Accantona gli spartiti e con la sua camera esplora coraggiosamente i decenni dei Sessanta e dei Settanta, restituendone tutta la tenerezza e brutalità. Le 170 immagini presenti al Museo di Roma in Trastevere sono il frutto di soli venti anni di produzione, prima dell’abbandono incondizionato della fotografia.
DALLA FABBRICA ALLA LETTERATURA
Nel 1964, dopo appena quattro anni dal primo scatto, il suo miracoloso reportage sulle miserevoli condizioni dei “camalli” nel porto Genova diviene emblema di un nuovo linguaggio, strumento di informazione per le organizzazioni sindacali.
L’esposizione si apre proprio su queste crude immagini di sfruttamento e prosegue con le riprese all’interno degli stabilimenti Italsider, dove Lisetta organizza anche una serie di ascolti di musica classica e sorteggia poi i dischi tra gli operai. È la mescolanza della partecipazione solidale e della denuncia che fa di lei una personalità monumentale, la cui umanità si può sperimentare dal vivo nella proiezione della lunga intervista realizzata dal curatore della mostra Giovanni Battista Martini.
La sua adesione spirituale al mondo circostante diviene materia pulsante nei ritratti di Ezra Pound del 1966, la cui figura stanca e malata Carmi traspone prodigiosamente sul puro piano della letteratura. Il lavoro viene poi insignito del Premio Niépce per l’Italia. Emblematiche saranno le parole di Umberto Eco, membro della giuria: “Le immagini di Pound scattate da Lisetta dicono più di quanto si sia mai scritto su di lui, la sua complessità e natura straordinaria”.
Negli stessi anni Carmi intraprende un percorso di conoscenza della comunità di travestiti del centro storico di Genova. Il suo avvicinamento a questi giovani, profondamente rispettoso e scevro da qualsiasi pregiudizio, le consente di guadagnarne la stima e la confidenza, sentimenti splendidamente percepibili nel libro I Travestiti, che sarà pubblicato con scaldalo solo nel 1972.
SPIRITUALITÀ E AMORE
Il medesimo rispetto e incanto per la magia della vita si incarna letteralmente nella sequenza che documenta il parto di una giovane all’Ospedale Galliera di Genova (1968). Questa serie di immagini è stata usata nei reparti di ostetricia per infondere nelle partorienti serenità interiore e anticipa il senso di spiritualità e armonia della natura che Carmi troverà definitivamente nel 1976. Determinante sarà l’incontro in India con il guru Babaji Herakhan Baba, che orienterà la sua vita verso la meditazione e la purificazione della mente.
Quando, nel 1984, Babaji scomparirà, anche Lisetta lascerà per sempre la fotografia, dando inizio a un nuovo percorso della sua vita, dedicata ora a rendere tangibile quel messaggio di verità, semplicità e amore che era stato al centro delle sue immagini.
‒ Alessandro Iazeolla
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