La malinconia della morte. Marina Malabotti a Roma
Galleria Nazionale, Roma ‒ fino al 31 marzo 2019. La mostra romana riunisce le fotografie di Marina Malabotti che, dagli inizi degli Anni Settanta fino al decennio successivo, hanno documentato gli aspetti antropologici della vita nel Mezzogiorno. Ma hanno veicolato anche uno sguardo attento e consapevole sull’universo dell’arte contemporanea.
C’è qualcosa di profondamente nostalgico, nella produzione fotografica di Marina Malabotti (Roma, 1947-1988). È stato uno sguardo, il suo, che ha superato la rigida classificazione antropologica degli eventi, dei culti e dei riti, ponendosi come obiettivo il saper osservare con pathos le movenze dell’uomo contemporaneo, siano esse drammatiche o beffarde, ma comunque incentrate sulla sofferenza e sulla bellezza inquietante, incredibilmente melanconica della gente che popolava, allora come ora, le aree più periferiche del mondo e dell’anima. Così, con profonda coscienza e consapevolezza etnografica, si è accostata a temi di non facile frequentazione, in primis la morte, portando alla luce fotogrammi in cui sono stati analizzati e osservati i simboli funerei, le dinamiche e i comportamenti nel lutto, presentando successivamente una realtà apparentemente immobile nel tempo e nello spazio, che è risultata invece profondamente viva.
I luoghi deputati alla morte, come i cimiteri, pullulano di emozioni, ricordi, viaggi, pellegrinaggi e speranze. Sono le geografie nelle quali si muovono le giovani donne, le vecchie e gli uomini ritratti dalla Malabotti, immagini potenti che raccontano di una precarietà composta, di sguardi fieri e dolenti, di attese e di partenze, anche quando ritraggono i protagonisti dell’arte contemporanea.
‒ Fabio Petrelli
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