Vitalismo e passione. La fotografia di Inge Morath a Treviso
Casa dei Carraresi, Treviso – fino al 9 giugno 2019. Gli scatti di Inge Morath sono protagonisti della mostra che ne ripercorre la carriera. Fra reportage e ritratti.
La retrospettiva offre ai visitatori un’ampia panoramica, in oltre centocinquanta scatti, della vita e della carriera di Inge Morath, che iniziò il suo percorso all’inizio degli Anni Cinquanta con un reportage a Londra e successivamente a Venezia, apprendendo le basi del mestiere grazie a un percorso formativo oltremanica, nel 1952, sotto la guida di Simon Guttmann, fotografo del Berliner Illustrierte e fondatore dell’agenzia Dephot. Grazie all’osservazione e all’intuizione, elementi fondamentali del mestiere, a un particolare senso di percezione della luce, alla sua Leica e al suo sguardo, che determina una prospettiva originale sulle cose, l’espressione fotografica di Morath sarebbe divenuta peculiare e unica.
Di fondamentale importanza per la sua evoluzione professionale gli incontri con personalità eminenti nel campo, come Ernst Haas, Robert Capa e Henri Cartier-Bresson.
Risale al 1953 l’ingresso come membro associato nell’agenzia Magnum, di cui divenne nel 1955 membro effettivo, prima donna a farne parte.
ESSERE INGE MORATH
Pregio dell’esposizione, articolata su tre livelli, più una sala superiore dedicata alle proiezioni, è la possibilità di desumere, tramite l’osservazione delle immagini selezionate, un ritratto professionale e umano alquanto preciso della protagonista: intuiamo di trovarci di fronte a un carattere fermo e concreto, coerentemente centrato nella quotidianità quanto abile nel coglierne le sfumature, nel ravvisare il saldo legame esistente fra gli esseri umani e il loro contesto vitale, come a ricercare l’aspetto surreale degli accadimenti, l’interpretazione ironica dei fatti.
La sua origine professionale come redattrice e traduttrice permise a Inge Morath di conservare un approccio intellettuale e una volontà d’indagine culturale che andavano oltre la semplice documentazione fotografica dei luoghi, dei popoli e delle tradizioni, consentendole di sviluppare una determinata empatia e di entrare in profondo contatto con i soggetti ritratti.
Le sezioni in cui è suddivisa la mostra ripercorrono le tappe dei suoi principali reportage ‒ Venezia, Londra e il Regno Unito, Spagna, Iran, Stati Uniti, Francia, Cina, Romania, Russia, Austria, Irlanda ‒, mentre le ultime due sono dedicate al progetto Masks, del 1966, ai lavori del disegnatore Saul Steinberg e ai ritratti.
‒ Maria Palladino
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati