Impronte femminili. Brigitte Niedermair a Venezia
Museo di Palazzo Mocenigo, Venezia – fino al 24 novembre 2019. Gli scatti della fotografa di moda Brigitte Niedermair innescano un dialogo con la raccolta del museo veneziano. Generando nuovi input semantici che stabiliscono legami, spesso provocatori, fra passato e presente.
Che cosa succede quando la fotografia di moda, apparentemente destinata alle pagine della stampa di settore, incontra una raccolta dall’afflato antico come quella del Museo di Palazzo Mocenigo – Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo? I risultati possono sorprendere, proprio come accade lungo l’itinerario espositivo che illumina gli scatti – patinati, sì, ma complessi, ironici, a tratti disturbanti – di Brigitte Niedermair (Merano, 1971), allestito fra le sale dell’edificio veneziano. Un viaggio nel solco di una femminilità tutt’altro che stereotipata, capace di emergere dal confronto tra modelli secolari e le istanze identitarie del tempo presente.
CORPI E RIMANDI
Accolto da una fiammella color arancio, che trova la sua via di fuga attraverso un paio di labbra rosso rubino – entrambi stampati su una quinta di tessuto Rubelli ‒ l’occhio si tuffa in un arguto gioco di corrispondenze tra i dipinti e le tappezzerie di Palazzo Mocenigo e gli scatti disincantati e impeccabili della Niedermair. I ritratti di donne sette-ottocentesche osservano, fra l’attonito e il divertito, i corsetti-corazze quasi tatuati, con grazia argentea, sulla pelle di mannequin senza testa, mentre una pera avvolta dalle maglie di una calza a rete si contrappone alle forme naturalmente sensuali del mondo vegetale e animale. Integrate nella quadreria del museo, le fotografie della Niedermair spiccano dalle pompose tappezzerie, creando una inaspettata sinfonia visiva fatta anche di iati, salti nel vuoto e affollamenti distopici. Proprio come il nugolo di coltelli, disposti a cascata, che sfocia in una lama dalla punta insanguinata, o la candida maschera di perle che nasconde e soffoca un volto, un collo e delle spalle femminili. Scoperto, alluso, celebrato, sezionato, il corpo della donna è il vero protagonista degli scatti, anche quando è assente ed evocato da un feticcio per eccellenza come una vertiginosa coppia di tacchi a spillo in raso rosso, che campeggiano, in grande formato, su una parete broccata del medesimo colore.
IDENTITÀ E IRONIA
Al pari della raccolta del museo, anche i modelli classici per antonomasia non sono risparmiati dalla sagace rilettura della Niedermair. E allora, se la rivisitazione dell’Ultima cena in provocatoria – e riuscita – chiave fashion è giustamente relegata, complice la sua notorietà, dietro una porta di collegamento fra le stanze, il David michelangiolesco parzialmente coperto da un lussuoso abito femminile porta alla ribalta la tematica gender, così tragicamente connessa, specie nei cupi giorni d’oggi, a quella della vessazione, metaforica o meno, dell’identità personale, appannaggio prettamente maschile. Con sguardo critico e vigile, Niedermair usa i dettami estetici della fotografia di moda per comporre un ritratto dell’era attuale. Usando il retaggio del passato e il filtro tagliente dell’ironia come grammatica e sintassi di un discorso che centra il punto.
‒ Arianna Testino
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