Photoville 2019. Il festival di fotografia nei container del Brooklyn Bridge: le immagini
Si svolge fino al 22 settembre Photoville 2019, uno degli appuntamenti più attesi dell’agenda newyorkese. Qui il fotoracconto di Francesca Magnani per Artribune
Torna anche quest’anno presso il Brooklyn Bridge, il festival di fotografia più scenografico di New York, Photoville, di cui vi abbiamo già parlato già qui e che abbiamo vissuto pure da protagonisti. Il format è caratteristico: le “sale” espositive sono costituite dai container delle navi cargo che giungono a New York; qui, durante due weekend di settembre (fino al 22), giornalisti e foto editor si riversano da questo lato dell’East River. L’entusiasmo della serata inaugurale è stato attutito dalla pioggia, ma il programma è ripartito a pieno ritmo con una serie di presentazioni, le camminate fotografiche organizzate dai maestri del padiglione Leica, visite guidate, discussioni con gli autori, e oltre 90 mostre. I temi anche quest’anno variano dall’attivismo sociale all’impegno politico, alla moda, fino e al lifestyle – ad esempio nello spazio sponsorizzato dal consolato olandese di Harmen Meinsma o in quello dedicato alle immagini di Playboy – e sono forse accomunati da empatia e un profondo senso di umanità.
I FOTOGRAFI DA NON PERDERE
Spiccano i ritratti di giovani di One Day I Will, di Vincent Tremeau e l’ONU in cui delle ragazze protagoniste di storie di violazioni di diritti umani sono vestite per assomigliare a coloro che aspirano a diventare. Oppure Growing Up Amelia, in cui la fotografa Robin Schwartz ha fotografato la figlia con animali in varie età con un effetto straniante ed esilarante. Ma anche sicuramente Of Love and War di Lindsay Addario, già vista più volte ma sempre toccante. Ci sono anche Looking Inside, una ricerca visiva sullo spazio e il carcere dell’avvocatessa Sara Bennet, The Enigma Room di Ed Kashi e Michael Curry, e come funzionalità e originalità dell’installation Facing Change la mostra collettiva su Detroit realizzata da 37 fotogiornalisti emergenti.
TATUAGGI E FOTOGIORNALISMO CONTEMPORANEO
Qui le pareti metalliche del container sono completamente ricoperte e via via rinfoltite di cartoline che lo spettatore può prendere staccando un magnete: abbiamo preso quella di Stephanie Rhoades Hume che in quel momento era presente e stava illustrando la mostra. Ci ha spiegato, alludendo ad un vistoso tatuaggio che porta sul suo corpo: “Il mio tatuaggio, realizzato da Steve Sype di Iconic Tattoo di Detroit è lo stemma della nostra città, e rappresenta la nostra bandiera. Questa fu disegnata nel 1907 da David Heineman. Il motto latino “Speramus Meliora” e “Resurget Cineribus” si riferisce all’incendio che rase al suolo quasi completamente la città nel 1805. Solo un edificio si salvò, così una delle due donne piange la distruzione, mentre l’altra si rallegra del futuro che verrà”.
–Francesca Magnani
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