La fotografia (inflazionata) di Vivian Maier. In Piemonte
Palazzina di Caccia di Stupinigi – fino al 12 gennaio 2020. Gli scatti “segreti” di una fotografa-non fotografa. Vivian Maier, una tata speciale, dall’animo colto e raffinato. Per la sua 15esima mostra personale in tre anni in Italia…
Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi arrivano gli scatti “segreti” di Vivian Maier (New York, 1926 – Oak Park, 2009), scoperti solo dopo la morte della fotografa statunitense. Vivian Maier nasce a New York, nel quartiere del Bronx, il 1° febbraio 1926. Bambinaia per mestiere, fotografa per vocazione. La sua è una passione, un impulso che trova le sue radici nel profondo essere di Vivian, tanto da spingerla a scattare, nell’arco di cinquant’anni, oltre 100mila foto, molte delle quali tra Chicago e New York.
La mostra narra una vita tra mille vite, grazie a oltre cento fotografie, selezionate dalla curatrice Anne Morin, che raccontano l’attenzione della Maier verso la quotidianità, il tempo, i volti e i gesti delle persone.
LA MOSTRA
Il percorso si articola in cinque sezioni: Città, Dettagli, Ritratti, Frames, Selfportrait/colori. Gli spazi della Palazzina di Caccia ben si sposano con l’idea che sta alla base della struttura espositiva: ambienti raccolti che conferiscono all’insieme le sfumature dell’intimità, cuore pulsante della rassegna. Parliamo di un “diario segreto”, dove non sono le parole a raccontare i fatti, ma i fatti stessi, in immagini, raccontano le storie, le emozioni. Il percorso, seppur suddiviso in aree tematiche specifiche, va letto come un corpo unico, un solo discorso. Non è una stesura fotografica atta alla sola celebrazione della figura di Vivian Maier; l’idea è formare lo spettatore su un fare fotografia tanto naturale quanto professionale, elementi che stanno poi alla base della procedura creativa, quando la si intende come esperienza e non come mera espressione accademica.
Chiude infatti il percorso un’area didattica, curata in collaborazione con la Scuola di Fotografia di Torino & Visual, progettata per approfondire numerose tematiche relative al mondo della fotografia, della composizione dell’immagine e soprattutto della componente artistica dell’atto fotografico.
LO SCATTO DI VIVIAN
Vivian scatta in maniera compulsiva. Non mostra mai i suoi scatti. Il suo sguardo attento, sottile, il suo punto di vista acuto sono capaci di ritrarre le persone con l’intento di rappresentare al meglio l’emozione fuggevole. Tutto è ispirazione per Vivian, la gente comune come le stelle del cinema. Alle persone meno abbienti lascia il giusto spazio tra l’obbiettivo e il soggetto stesso, come a determinare un rispettoso distacco, mentre per i membri dell’alta società non ha la medesima accortezza, mette in atto azioni di disturbo in modo che nello scatto risultino infastiditi. Noi, che scattiamo selfie in ogni dove, pensiamo di procedere al passo con una novità fotografica che ci identifica, ma non è esattamente così; Maier ha decisamente anticipato i tempi come percorritrice dello scatto finalizzato a immortalare se stessa. Vivian si posiziona davanti alle vetrine dei negozi o davanti allo specchio e scatta, mostrando il suo sguardo puntuale.
Come sottolinea Marvin Heiferman: “Seppur scattate decenni orsono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata. Molti di noi condividono il suo stesso desiderio e il suo impulso di fare fotografie – e, grazie alla tecnologia digitale a nostra disposizione, oggi lo possiamo fare. Se con Facebook, Flickr, e Instagram, oggi siamo in grado di produrre immagini e con un semplice click proiettarle in tutto il mondo, l’innegabile talento di Vivian Maier, abbinato al fermo proposito di mantenere la propria attività di fotografa come una questione privata, ci affascina e al tempo stesso ci confonde. Non può però sorprenderci: in un’epoca in cui la fotografia viene ridefinita, cambiano anche gli autori che troviamo più interessanti e stimolanti. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto con il produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi”.
‒ Grazia Nuzzi
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