Costruzioni instabili è la rappresentazione metaforica di una ferita aperta, impressa su pellicola dai fotografi Michele Nastasi (Milano, 1980) e Stefano Cerio (1962), che mostrano due visioni diverse, due modi di sentire e di rappresentare il dramma del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009. È l’immagine trasfigurata di una città che sanguina.
La mostra, allestita all’Istituto Italiano di Cultura, è inserita nel circuito di PhotoSaintGermain, festival parigino che a novembre di ogni anno riunisce una selezione di musei, centri culturali, gallerie e librerie della Rive gauche in un percorso fotografico.
I due artisti italiani non si conoscevano prima di questo evento e l’idea di accostare in maniera complementare il loro lavoro è stata degli organizzatori, che hanno intravisto nel loro percorso fotografico le stesse finalità: interrogarsi sulle modalità, gli strumenti e i criteri da impiegare nella fase delicatissima della ricostruzione post-terremoto.
Le fotografie sono simili per l’uso di un linguaggio metaforico e allusivo, ma allo stesso tempo consentono un dialogo tra due visioni contrastanti legate al tema della ricostruzione, la prima più cruda e “anatomica”, mentre la seconda è più poetica e trasognata, ma non per questo meno incisiva.
“Mentre fotografavo camminando per la città svuotata” ‒ ha dichiarato Nastasi ‒ “avevo l’impressione di percorrere un’installazione artistica a scala urbana, la cui estetica minuziosa e pervasiva evocava i linguaggi dell’arte e l’immaginario della chirurgia: protesi, busti e steccature stabilizzavano il corpo della città, ma sebbene gli interventi fossero tecnicamente riusciti, il paziente non dava segni di vita”. Il fotografo, ricercatore nel campo dell’Architettura e dottore in Storia dell’Arte, nel suo lavoro Città sospesa mostra una visione geometrica e metallica del capoluogo abruzzese. Esso diventa un luogo svincolato dalla presenza umana, vuoto e interamente sostenuto da impalcature, senza le quali il crollo sarebbe definitivo e irreversibile. Una città imprigionata fra le travi, le assi, le spranghe metalliche e i bulloni, che s’impongono, oltre che per la loro funzione di sostegno, anche e soprattutto per la forte connotazione estetica, quasi architettonica.
RICORDO E NON LUOGO
Stefano Cerio, invece, ha iniziato prestissimo la sua carriera di fotografo mediante la collaborazione con l’Espresso a soli 18 anni, maturando uno stile in bilico tra realtà, interpretazione soggettiva del reale e immaginazione. Il suo lavoro Aquila esprime il concetto del ricordo inteso come un “non luogo” che si carica di vissuti passati e futuri. Vista attraverso questa lente, la città è uno spazio silenzioso, poetico e surreale. Cerio immagina una ricostruzione che avvenga per mano di un bambino, in tutta la sua leggerezza. “[…] È una ricostruzione ludica e giocosa ‒ e soprattutto rapida ‒ che si scontra con quella reale, lenta e faticosa. È un tentativo di riflettere su un dramma senza retorica, senza sovrastrutture complesse, di dare un segnale di speranza con leggerezza e ironia”, ha dichiarato il fotografo. Le sue opere, in questo caso, servono a documentare il lavoro di installazione: “Ho individuato uno spazio di circa venti chilometri intorno all’Aquila e ho gonfiato dei giochi che rappresentano delle cose realmente esistenti in città. È una ricostruzione che contrasta con quella reale, lenta e difficile”.
CITTÀ SOSPESA E L’AQUILA
È curioso notare quanto le fotografie di due artisti così diversi abbiano in comune non solo le stesse finalità ma anche alcuni elementi estetici. I colori vivi e brillanti dei gonfiabili, che si stagliano sui freddi e austeri paesaggi abruzzesi, possono essere accostati a quelli delle impalcature emergenti dalle neutre architetture retrostanti. Il titolo Costruzioni instabili, comprendente i due lavori Città sospesa e Aquila, rimanda all’instabilità degli edifici retti dalle impalcature, ma anche al carattere effimero dei giochi gonfiabili, che in un attimo possono non esserci più.
A Parigi la presentazione di queste opere assume un doppio significato, quello di documentare il dramma legato alla vicenda italiana e quello di mettere sul tavolo delle questioni che riguardano in generale la realtà urbana europea e occidentale. In caso di grandi catastrofi, a opera di un terremoto o di eventi diversi, come avvenuto recentemente alla cattedrale di Notre-Dame, che cosa deve essere fatto? Operare per una ricostruzione fedele o decidere di innovare?
L’Aquila è stato il più grosso cantiere europeo di ricostruzione urbana e può fornire in tal senso un ottimo spunto di riflessione su tutta una serie di tematiche relative alla ricostruzione. Questioni non ancora sufficientemente indagate e che si ripropongono puntuali nel tempo senza aver trovato ancora un approccio unitario, maturo e coerente.
‒ Arianna Piccolo
Parigi // fino al 28 novembre 2019
Michele Nastasi e Stefano Cerio. Costruzioni instabili
ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA
50, rue de Varenne
https://iicparigi.esteri.it/
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