Fotografare il Sud Italia. La mostra di Frank Cancian a Roma

Roma omaggia il fotografo e antropologo statunitense Frank Cancian con la mostra: “Un paese del Mezzogiorno italiano” presso il Museo delle Arti e Tradizioni popolari “Lamberto Loria”. Una indagine fotografica effettuata nel 1957 in Irpinia, conservata presso il MAVI di Lacedonia e oggi esposta in una monografica a cura di Francesco Faeta. La fotografia come “corpus antropologico” per indagare la dimensione sociale del sud Italia.

È sorprendente quanto sia complessa e alta la ricerca di Frank Cancian (Stafford Springs, 1934). Le fotografie in bianco e nero che ritraggono i luoghi, le feste, gli uomini, le donne e i bambini di Lacedonia, in provincia di Avellino, nel 1957, realizzate in sei mesi, sono un focus antropologico, poetico e visivo su quello che è stato.

SILENZIO E MAGIA NEGLI SCATTI DI CANCIAN

Da tutti questi fotogrammi “emerge” un silenzio ancestrale, profondamente lontano dall’oggi, in cui l’osservatore può decifrare i sorrisi, i bisbigli, i timori, le preghiere e la fatica. I braccianti e le vedove, sulla soglia della propria abitazione, sono in attesa di varcare uno spazio immerso nel buio, perché l’oscurità è più simile alla morte, all’assenza e alla paura costante per una stregoneria domestica sempre in agguato. Dai muri candidi di calce in penombra affiorano i segni del tempo che tutto stringe e dilata: gli abiti, intesi come alter ego o doppi, alludono alla vita che è stata; i cappotti, gli scialli neri dalla lunga trama, i cappelli appesi e le immagini votive hanno un ruolo antropologico connesso alla finitezza umana e i protagonisti, a loro volta, sostano in un tempo che è occulto e profondamente arcaico, proprio come quel tempo e quello spazio destabilizzante dell’Italia magica fotografata nel 1952 da Federico Patellani a Benevento.

Frank Cancian, Lacedonia (Le campagne), 1957

Frank Cancian, Lacedonia (Le campagne), 1957

UN VIAGGIO TRA PUGLIA E LUCANIA

Con le fotografie di Cancian, la gente e gli oggetti, però, continuano a ri-vivere in una sorta di rêverie bachelardiana, in un mondo e un tempo che oramai è cristallizzato e che riaffiora dalle acque profonde della memoria; una indagine non solo visiva, ma personale. Non è un caso che questi scatti siano nati da una esigenza biografica di Cancian di compiere un viaggio a ritroso in Italia, sua terra di ascendenza e da come successivamente sia riuscito a immedesimarsi nel tessuto sociale locale, in una terra difficile i cui territori si fondono e confondo tra Puglia e Lucania; aree, peraltro, indagate proprio in quegli anni da Ernesto De Martino con una serie di spedizioni etnologiche.

CANCIAN E LACEDONIA

Ma c’è qualcosa di più. Cancian vive fra la gente di Lacedonia, ne percepisce il vissuto, gli stati d’animo, le gioie e i dolori che registra su pellicola, facendo di quei momenti più disparati che vanno dalla mietitura nei campi ai pellegrinaggi e alla domenica al bar del paese una esplorazione visiva intensa come un continuum, cercando, come ha sottolineato Francesco Faeta, “di restituire un percorso scientifico, ma anche la sua cura estetica da lui profusa nella confezione delle immagini e l’istanza sperimentale che l’ha guidato”. Immagini che emozionano e ipnotizzano, come se fossero scatti privati tratti da un diario intimo, rimasto inedito per molto tempo.

Fabio Petrelli

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Fabio Petrelli

Fabio Petrelli

Nato nel 1984 ad Acquaviva delle Fonti, è uno storico dell’arte. Laureato nel 2006 presso l’Accademia di Belle Arti di Roma con una tesi in storia dell’arte (Storie notturne di donne. La rappresentazione perturbante della donna dal XV secolo ad…

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