Una città messa in scena. I manifesti fotografici di Luca Stoppini a Parma

È uno sguardo sensibile e affine quello che osserva gli attori e i semplici cittadini convocati per rappresentare il racconto di una relazione, quello tra la città e il suo doppio, tra Parma e il suo teatro. Nella cornice del Palazzo del Governatore.

C’è un formato che rappresenta perfettamente la relazione tra due persone: il dittico, il doppio ritratto affiancato che da Piero della Francesca in poi mette in dialogo i suoi protagonisti, creando connessioni e rimandi formali e semantici. Nei vasti ambienti del Palazzo del Governatore di Parma una decina di enormi “quinte armate”, che paiono appena uscite da un teatro, spaccano metaforicamente le architetture, si impongono di sbieco con la loro struttura in legno grezzo, costringono i visitatori ad aggirarle per poter vedere le immagini che ne rivestono l’ampia superficie. Come se i visitatori stessi diventassero attori che si aggirano tra le scenografie, trovandosi tuttavia di fronte non a un’ambientazione, ma ad attori fotografati e stampati enormi su carta comune, quella dei manifesti pubblicitari, formato scelto da Luca Stoppini (Milano, 1961) per dare forma concreta al suo racconto fotografico.

ATTORI E CITTADINI A PARMA

Il progetto anticipa i cinquant’anni dalla fondazione del Teatro Due (nato come Compagnia del Collettivo) che saranno festeggiati nel 2021 ed è stato elaborato sotto l’insegna del Reggio Parma Festival 2019 coinvolgendo gli attori dell’Ensemble Stabile Teatro Due ai quali è stata posta una domanda: qual è il vostro luogo del cuore, a Parma? La direttrice della Fondazione Paola Donati ha infatti fatto scattare la scintilla dell’operazione artistica prendendo spunto da Jean-Christophe Bailly, che nel suo La frase urbana definisce la città come un linguaggio in trasformazione. La città, i suoi spazi, i suoi cittadini – e il suo teatro, ovviamente – sono allora stati tradotti da Luca Stoppini in una doppia narrazione: gli attori infatti si riflettono e si scambiano i ruoli con le persone “comuni” incontrate nei luoghi prescelti. Ecco allora il frate che gestisce la mensa dei poveri, i ragazzini che giocano a calcio, i cuochi e le libraie: tutti calcano il tavolato del teatro lasciandosi ritrarre da Luca Stoppini, mentre sull’altra metà della composizione fotografica i professionisti del palcoscenico diventano gli abitanti temporanei delle chiese, delle librerie, dei parchi, dei musei e delle osterie di Parma. Si crea così una relazione tra il teatro e la città, un rispecchiamento con scambio di ruoli, e la testimonianza di tutto ciò, quasi come se fosse la documentazione di una performance, è ora esposta al pubblico, nel centralissimo palazzo e non solo.

Luca Stoppini, Cristina Cattellani da Artaj & cuochi

Luca Stoppini, Cristina Cattellani da Artaj & cuochi

I MANIFESTI DI LUCA STOPPINI

Non avrebbe avuto senso appendere le foto al muro, stampandole con una dimensione classica e incorniciandole”, afferma l’artista e art director che, come scrive Sergio Risaliti in catalogo, è “imprestato alla fotografia”. La scelta è quindi caduta sul grande formato, quello dei billboard, i manifesti giganti che incontriamo ai bordi delle strade, e per l’allestimento sono stati montati su supporti solitamente usati per sostenere le scene teatrali. Più che montati, sarebbe meglio dire affissi, con le loro “rughe”, con le imperfezioni, con i loro materiali poveri perché destinati a un tempo breve di vita. Del resto le stesse immagini sono state realmente affisse negli spazi urbani, sostituendo le abituali campagne pubblicitarie. Il tempo lungo del progetto sta invece nella funzione del teatro e dei suoi protagonisti come amplificatori del messaggio di amicizia evocato nel titolo della mostra tramite le parole di Montaigne. E per chi non si accontenta del suggestivo, profondo dialogo che emerge dai ritratti, un video di backstage ne racconta le storie, ne svela segreti intimi e talvolta sorprendenti.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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