Uno sguardo altro. La fotografia di Vincenzo Castella a Verona
Frammentazione ed esclusione, natura e uomo. Sono questi i poli fra i quali si muove la fotografia di Vincenzo Castella, in mostra alla galleria Studio La Città di Verona.
La personale Mimesis – 3rd Stone From The Sun di Vincenzo Castella (Napoli, 1952), in corso alla galleria Studio La Città di Verona, ci introduce “in medias res”, sulle note dell’omonima canzone di Jimi Hendrix, al nuovo lavoro fotografico dell’artista dedicato alla natura: la componente psichedelica della musica (parte essenziale del suo percorso creativo) è unicamente il pretesto per entrare all’interno dell’immagine, divenire tutt’uno con essa e cominciare a osservare. Cambia cioè l’approccio: ci troviamo non più dinnanzi a una prospettiva frontale e dall’alto, ma, appunto, all’interno, proiettati dento le immagini, quasi circondati da queste, che hanno dimensioni minori delle precedenti prodotte e un punto di vista più ravvicinato. Unità di misura è l’albero, il fiore, l’arbusto, che costituisce il corrispettivo del “building” dell’ambiente urbano, elemento di un codice linguistico specifico, il punto di partenza.
LA NATURA POLITICA DI CASTELLA
Quella rappresentata è una natura “in cattività”: non sono esemplari botanici spontanei, ritratti nel loro habitat originario, ma in parte composizioni floreali, in parte “frammentazioni” di opere precedenti, e una nuova serie realizzata in serra. A sottolineare l’importanza di intendere la natura come cultura, come sezione del mondo dell’uomo e inquadrata in esso, continuazione di quello sviluppo urbanistico che si allinea e allo stesso tempo sfugge, per sue ragioni intrinseche di omologazione, al piano umano. Non esiste, per Castella, la possibilità di concepire una natura in senso religioso e poetico, quale via d’uscita alle difficoltà del sociale, ma la natura stessa deve essere intesa come fenomeno sociale, collettivo, politico, inserita in quel flusso continuo di rappresentazioni che fin dalle origini ne ha dato, ad esempio, la storia dell’arte.
LA FOTOGRAFIA DI VINCENZO CASTELLA
Per Vincenzo Castella l’aggettivo “politico” è estremamente importante, e ha anch’esso una funzione ossimorica: mette in contrapposizione l’impersonalità della constatazione del dato reale ‒ della documentazione oggettiva dell’esistente, senza focalizzarsi su uno sguardo determinato, una narrazione particolare – con la considerazione della pluralità infinita e indeterminata delle visioni possibili.
L’artificio adoperato in questo senso è il riferimento ad Halo 22, l’alone luminoso che costituisce un effetto ottico, dato dal contrasto caldo-freddo, intorno al sole e agli astri, ma anche alle fonti di luce artificiali. Qui ciò è assimilato all’impressione di sfocatura attorno al punto di messa a fuoco, che è funzionale alla considerazione dell’escluso, del circostante oltre i margini dell’opera, di quello che non è inquadrato, a testimonianza dell’impossibilità sostanziale di tale limitazione.
‒ Maria Palladino
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