Covisioni. Il progetto fotografico che racconta l’Italia dopo la quarantena
Quaranta fotografi, venti regioni italiane, dodici mesi di lavoro. “Covisioni” è una ricerca collettiva che indaga e analizza le relazioni umane durante e dopo la pandemia. Tra perdite e ritrovamenti.
L’agenzia LUZ si occupa di divulgare e valorizzare il progetto creato da Cecilia Guerra Brugnoli, Francesca De Dominicis, Jana Liskova, Francesco Rucci, Anita Scianò, Erika Volpe. Ci siamo fatti raccontare come e perché.
Parto da una questione inerente alla fotografia. Dice Scianna che la fotografia dovrebbe solo fotografare il visibile. Come può quindi registrare l’invisibile del Covid?
Pensiamo che il Covid sia visibile e che quindi siano visibili le sue implicazioni, seppur in maniere diverse, per ognuno di noi. Abbiamo cercato di restituire tramite questo progetto le sensazioni, le situazioni e la complessità che stanno caratterizzando questo lungo periodo. Sperando, per riprendere Scianna, di essere riusciti a rendere visibile l’invisibile.
Il periodo del Covid è stato caratterizzato dall’assenza di immagini e da immagini sull’assenza. Perché un concept sulle relazioni?
Crediamo che durante questa pandemia siamo stati travolti da una moltitudine di immagini. Siamo partiti proprio dal concetto di assenza e da quello che il periodo storico ci stava togliendo, le relazioni interpersonali e quindi lo scambio di contatto tra le persone. Non avendo alcuna memoria storica di un evento simile, siamo stati sottoposti a un grande sforzo, passando da relazioni caratterizzate da una vicinanza fisica e intima, a quelle in cui questa è proibita. Abbiamo quindi cercato di raccontare l’essenza e l’importanza delle relazioni in rapporto a come queste ultime sarebbero mutate a fronte di un cambiamento forzato delle nostre abitudini.
FOTOGRAFIA E RELAZIONI
Cosa prevale negli scatti: il rapporto uomo paesaggio o il rapporto uomo oggetti Qual è il filo che unisce idealmente tutti gli scatti? Cosa emerge cioè di ricorrente nella nuova definizione di “relazione umana”?
Analizzando i lavori realizzati dai vari fotografi e fotografe, quello che emerge è il cambiamento del rapporto dell’uomo con sé stesso, ovvero della reazione conseguente alla percezione di qualcosa di nuovo e incerto. Le ricerche fatte dagli autori e dalle autrici hanno portato alla luce sfaccettature inaspettate, che hanno evidenziato ad esempio la trasformazione di luoghi di incontro in non luoghi, la riscoperta di sé stessi e del proprio rapporto con la natura che diventa sinonimo di rifugio. Il filo che unisce tutte le immagini è quindi la necessità di ritrovare e riscoprire le relazioni umane attraverso una nuova visione della realtà.
Qual è a vostro avviso l’originalità di questo progetto rispetto ad altri “simili”?
Pensiamo che tutti i progetti nati in questo momento abbiano la responsabilità di raccontare, testimoniare e documentare questo complesso periodo storico. A fronte di questo, il nostro obiettivo è stato quello di mappare l’Italia selezionando autori e autrici di ogni regione capaci di raccontare il cambiamento dal loro punto di vista. Non volevamo essere quindi un contenitore di immagini prive di ricerca.
Qual è la colonna sonora, il “suono” di queste immagini?
Forse il suono che più identifica il periodo e le immagini del nostro progetto è il silenzio. Sappiamo quanto sia difficile rappresentarlo in fotografia in quanto arte priva di suono, ma ci identifichiamo nel silenzio poiché quello che emerge dalla visione collettiva dei fotografi e fotografe è il bisogno di rappresentare la mancanza, l’assenza o la ritrovata scoperta.
IL PROGETTO COVISIONI E I FOTOGRAFI
Come avete selezionato i fotografi partecipanti? Avete seguito solo un criterio territoriale per mappare l’Italia?
Il nostro intento è stato fin da subito quello di offrire una visione ampia ed eterogenea al progetto. Abbiamo cercato stili e modalità di ricerche diversi per dare voce alla fotografia contemporanea in ogni sua declinazione. Un altro aspetto fondamentale è stata la volontà di coprire tutto il territorio italiano, in modo da avere una testimonianza realistica e veritiera rispetto a come ogni regione stesse vivendo questo momento. Soprattutto questo aspetto è stato complesso, ci sono stati molti ostacoli ma a oggi siamo soddisfatti delle forze che siamo riusciti a convogliare nella stessa direzione.
Qual è l’evoluzione naturale di questo progetto?
Il progetto nasce con il proposito di racchiudere tutto il lavoro in un libro fotografico autoprodotto che verrà promosso grazie a mostre itineranti in diverse città d’Italia. Non sappiamo come evolverà il nostro quotidiano e se ci permetterà di concretizzarle tutte o solo in parte, ma rimane ferma la volontà di realizzare un racconto collettivo della ricerca visiva svolta durante questi 12 mesi. Il progetto comunque sarà esposto nell’ambito del Festival di Fotografia Grenze a Verona dal 1° al 10 settembre.
– Simone Azzoni
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