Il fotogiornalismo di Luciano D’Alessandro in mostra a Roma
A cinque anni dalla scomparsa di Luciano D’Alessandro, uno dei massimi esponenti del fotogiornalismo italiano, il Museo di Roma in Trastevere gli dedica una mostra antologica.
A Roma nel cuore di Trastevere apre la mostra Luciano D’Alessandro. L’ultimo idealista. Un’esposizione unica, prodotta dallo Studio Bibliografico Marini – Archivio Luciano D’Alessandro, che raccoglie circa sessant’anni di ricerca fotografica di uno dei massimi interpreti italiani del reportage e dell’immagine sociale. Il suo obiettivo ha immortalato squarci di un’Italia passata, tra la potenza di sguardi e luoghi, tra le utopie collettive e la loro dissoluzione. Alla mostra antologica fa da cornice un volume edito da POSTCART Edizioni a cura di Roberto Lacarbonara, con i contributi di due grandi amici, oltre che colleghi: Lisetta Carmi e Gianni Berengo Gardin.
LA FOTOGRAFIA DI LUCIANO D’ALESSANDRO
Il secondo piano del Museo di Roma in Trastevere si apre su un corridoio abitato da sguardi profondi. Realtà domestiche e lavorative, uniche nel loro genere, congelate da un obiettivo esperto si mostrano in tutta la loro intensità, come la vivace Napoli, che si racconta tra luoghi, memorie e paradigmi antropologici. Ed è proprio in quella marginalità che Luciano D’Alessandro (Napoli, 1933-2016) ricerca la luce da poter catturare e rendere atemporale, come la disperazione di una comunità che ha perso affetti e beni con il distruttivo terremoto dell’Irpinia.
GLI ESCLUSI SECONDO LUCIANO D’ALESSANDRO
Quelle crepe che hanno squarciato il cemento rivivono e marcano i volti stanchi de Gli Esclusi, una ricerca condotta da D’Alessandro fra il 1965 e il 1967 sulla condizione silenziosa dei malati mentali nei manicomi. Occhi persi in un labirinto che non vede una via d’uscita, mani che si cercano quasi a voler trovare un supporto, brancolando in quell’assordante silenzio, lì dove “erano finiti esseri umani che la società costringeva all’esclusione più totale perché giudicati inutili, se non dannosi al suo predetto meccanismo di efficienza produttiva”, per riprendere l’intima riflessione di D’Alessandro, che sottolinea quanto, invece, “si realizzava magistralmente la perfetta sintesi dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo”.
‒ Valentina Muzi
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