In Zir – I miei viaggi verso Gerusalemme: la mostra di Lidia Bagnara da Nonostante Marras
Volti, profumi e suggestioni - a metà tra documentarismo e pittura, la fotografa ritrae (anche con un libro) tutte le strade verso la città santa
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“A chi mi chiede cosa ne pensi di questa città mi viene sempre e comunque da rispondere che non so se Gerusalemme esista, e aggiungo che è l’unica a mostrarsi solamente a chi vuole. Non credo che la si possa vedere se non è lei a scegliere di essere vista”. Con queste parole di Lidia Bagnara è più facile avvicinarci alla sua personale in apertura negli spazi di Nonostante Marras, a Milano. La mostra In Zir – I miei viaggi verso Gerusalemme è infatti una selezione di circa cento fotografie, raccolte dall’autrice nei suoi viaggi tra il 1991 e il 2021, che raccoglie lo spirito della Città Santa, così come la sua attesa e la sua proiezione attraverso le strade che conducono a lei.
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LA MOSTRA
L’esposizione, a cura di Francesca Alfano Miglietti, mostra scorci, sensazioni e volti raccolti tra l’India, la Cappadocia, il Libano, la Siria, la Giordania, Israele, l’Egitto e l’Italia. Non aspettatevi filtri, inquadrature studiate o ritocchi: gli scatti della fotografa ravennate, classe ’59, sono istintive e spontanee, a metà strada tra documentarismo e pittura, e si fondono con la sua storia personale, il suo amore per il viaggio ma anche le sue radici – “in zir” in dialetto romagnolo sta per “girovagare senza meta”. In occasione dell’inaugurazione della mostra, il 23 giugno 2021, viene anche presentato il libro Jerusalem della stessa Bagnara, edito da Danilo Montanari e con testi di Giovanna Calvenzi e Manuela Dviri: si tratta di reportage fotografico costruito nel corso di tre anni, tra il 2015 ed il 2018. “Lidia Bagnara è una viaggiatrice. Indubitabile. Parte, torna, riparte”, racconta Calvenzi. “Per lei il viaggio è andare in un luogo che non conosco e riconoscere le cose che non ho mai visto”. Anche se “il luogo” è una sua meta periodica. Riporta delle immagini. La base è fotografica ma sono immagini, immagini di emozioni più che fotografie”.
– Giulia Giaume
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