Creato nel 2004 e giunto ormai alla 18esima edizione, il Festival Photo di La Gacilly (in corso fino al 31 ottobre) attira ogni anno più di 300mila visitatori nel villaggio bretone a un’ora d’automobile da Nantes e da Rennes. L’idea di successo è stata quella di proporre un’esperienza immersiva e itinerante fra la ventina di mostre allestite a cielo aperto in giardini, parchi, strade e piazze. In totale un migliaio di immagini in grande formato che si possono apprezzare liberamente e gratuitamente spostandosi da uno spot all’altro all’interno del paese dove – sia detto per inciso ‒ nel 1965 è nata l’avventura imprenditoriale di Yves Rocher, oggi marchio mondiale della cosmetica. Complessivamente per apprezzare appieno tutte le esposizioni è bene prevedere un’intera giornata.
Il tema principale di quest’anno è “Plein Nord”, occasione per valorizzare il lavoro dei fotografici scandinavi e approfondire la conoscenza dei popoli e degli ambienti naturali di Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Groenlandia. La scelta della tematica è coerente con l’attenzione ai problemi ambientali ed ecologici che il festival ha sviluppato già da qualche anno.
FOTOGRAFIA E AMBIENTE
La bellezza precaria del pianeta è il tema al centro del lavoro del finlandese Pentti Sammallahti, uno dei maestri contemporanei del bianco e nero. Lavorando soprattutto sui paesaggi della sua terra natale, Sammallahti sa trasformare in messaggio universale anche il più piccolo dettaglio naturale, elaborando una varietà pressoché infinita di grigi. Astrazioni metafisiche da cui traspare la profonda sensibilità del fotografo, anche quando si approccia agli animali o a personaggi umani. Nato a Helsinki nl 1950 in una famiglia di artigiani – il padre era un orefice ‒, Pentti Sammallahti è stato influenzato nella sua scelta professionale anche dal nonno, Hildur Larsson, fotografo di origine svedese. Dal 1991, sovvenzionato dal governo finlandese, ha potuto girare il mondo per trovare ispirazione alla sua poetica e dare sfogo al suo talento, che è difficile costringere in un solo genere.
Se il rigore e l’asciuttezza delle immagini sono un marchio di fabbrica di Sammallahti, di tutt’altro genere è il surrealismo a colori dello svedese Erik Johansson (1985).
“Voglio creare delle foto che obblighino lo spettatore a fermarsi qualche secondo per comprendere dove sta l’astuzia”: questa la dichiarazione di poetica alla base di una tecnica fotografica dove si combinano delle immagini che, almeno apparentemente, non hanno niente a che vedere le une con le altre. Ne nascono composizioni stranianti, surreali, bislacche che affascinano l’osservatore. “Preferisco catturare delle idee, piuttosto che dei momenti”.
Virtuoso della post-produzione, Johansson maneggia il ritocco digitale come uno scultore lo scalpello e le varie immagini si fondono in grandi fotomontaggi dove la realtà diventa un puzzle di realtà.
IL MONDO CONTADINO DI SUNE JONSSON
A La Gacilly non manca un omaggio a un fotografo scomparso nel 2009. Lo svedese Sune Jonsson (nato nel 1930) è stato il cantore della Svezia rurale, in particolare della natia provincia di Västerbotten, nel nord del Paese. Dopo aver studiato letteratura e folclore a Stoccolma e Uppsala, nel 1960 Jonsson ritorna al paese di origine e, influenzato dall’opera dei fotografi della Farm Security Administration (FSA), che avevano raccontato l’America rurale a partire dalla fine degli Anni Trenta del Novecento e dalla scuola fotografica sociale e documentaria, in particolare da Walker Evans, comincia a fissare su pellicola con sensibilità e partecipazione – e lo farà per quasi mezzo secolo ‒ un mondo contadino destinato a scomparire nel corso dei decenni.
LA FOTOGRAFIA DEL GRANDE NORD
Meriterebbero anche un approfondimento i lavori della finlandese Tiina Itkonen (1968), che ha documentato la vita dei popoli nativi dell’Artico e della Groenlandia. O l’opera dell’islandese Ragnar Axelsson (1958), impegnato a raccontare il mondo dei cani da slitta che accompagnano la vita tradizionale degli Inuit da migliaia di anni e ora sono a rischio di estinzione. E ancora le fotografie di uccelli su fondo bianco della finlandese Sanna Kannisto (1974), immagini simili alle illustrazioni delle opere scientifiche dei secoli passati.
A completare la programmazione sulla fotografia del Grande Nord, il festival di La Gacilly presenta l’opera di due fotografi dell’agenzia France-Presse (AFP) che hanno lavorato a lungo nei “Paesi del freddo”. Lo svedese Jonathan Näckstrand, testimone della coscienza ecologica del Paese scandinavo, e il francese Olivier Morin, per lungo tempo di stanza a Stoccolma, che racconta gli sport più estremi praticabili nelle terre della neve e del gelo.
Da segnalare che per il terzo anno consecutivo il Festival Photo La Gacilly partecipa attivamente alle Journées européennes du patrimoine (il fine settimana del 18 e 19 settembre) con varie iniziative aggiuntive: conferenze, dibattiti, proiezioni all’aperto e visite guidate nel backstage del festival.
‒ Dario Bragaglia
www.festivalphoto-lagacilly.com
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