La fotografia scomoda di Uli Weber a Lecce
Il rinascimentale Palazzo Maresgallo ospita un nuovo spazio ricettivo e la mostra di Uli Weber, fotografo capace di scavare oltre la superficie dell’immagine, ribaltandone l’identità.
Sembra facile seguire lo sguardo di Uli Weber (Ulm, 1964), quando mette a fuoco lo slancio plastico di un fantino (in realtà uno stuntman) che monta a cavallo o quando inquadra la fissità da bambola inquietante di una giovanissima Lily Cole intrappolata in un’adolescenza senza fine. Ma non lo è. Weber, fotografo tedesco che ha studiato a Roma e ha trovato il successo a Londra con la moda e la ritrattistica, sa come portare le immagini per mano verso l’occhio dello spettatore con eleganza e mestiere. Allo stesso tempo, però, le smonta. E lo sguardo si ribalta.
LA FOTOGRAFIA DI ULI WEBER
Nella mostra Quid Pluris: lo sguardo oltre, curata da Paola Colombari nelle sale del cinquecentesco Palazzo Maresgallo, nel centro storico di Lecce, un filo segreto lega e fa brillare le luminarie festose e iperreali di una festa salentina e il divo Boy George con coda e corna, diavolo autoironico da copertina; un paesaggio montano del Pollino e una modella dall’acconciatura arruffata e poseuse in interni vagamente infestati. La patinatura degli scatti serve all’autore a destabilizzare l’immagine, proprio mentre la esalta. È un gioco simile a quello condotto al cinema da Alfred Hitchcock quando prese l’icona Cary Grant e la stiracchiò fino alle crepe nel Sospetto. Ciò che interessa a Weber è il paesaggio incognito e misterioso che s’intravede dietro le composizioni levigate. Di cui raffredda o aumenta la temperatura, a seconda delle occasioni. Cercando il brivido, l’increspatura dell’occhio. Nella mostra ci sono alcune fotografie scattate in Italia nel periodo del primo lockdown: campagne splendenti, bucoliche e, allo stesso tempo, quasi da “day after”; le luminarie accecanti sulla piazza del borgo salentino di Leverano, nella light box che apre il percorso dell’esposizione, hanno il vuoto intorno, invece delle folle consuete delle feste paesane.
PALAZZO MARESGALLO A LECCE
Weber oggi vive parte dell’anno in un palazzetto antico nel borgo pugliese di Salve, estremo sud del tacco d’Italia, trasformato in un rifugio pop che somiglia molto alle sue fotografie, con cactus svettanti accanto alla piscina dai bordi in pietra nel cortile e qualche luminaria che pare presa da un suo set. Il fotografo è parte della nuova movida artistica salentina, come Miriam de Rienzo e Lionel Gazzola, la coppia di collezionisti che hanno recuperato Palazzo Maresgallo e hanno co-prodotto la mostra, che in autunno viaggerà per l’Italia. Il palazzo rinascimentale, con il magnifico portale disegnato da Gian Giacomo dell’Acaya, progettista del Castello Carlo V e delle mura di Lecce, ospita opere d’arte commissionate dai nuovi proprietari (come l’affresco eseguito sulle antiche volte da Roberto Ruspoli) e dodici suite pensate per un’ospitalità di charme in cui gli spazi comuni sono contigui a quelli privati; in un gioco di rimandi che ripropone in chiave contemporanea l’intreccio labirintico delle magioni nobiliari, dove l’appartamento del principe confinava con la quadreria. Un labirinto che si percorre con leggerezza come l’intrico barocco di tatuaggi sul corpo di una modella giapponese fotografata da Weber, che si affaccia su una piazzetta di Lecce, su un altro Barocco, come volesse svegliarlo, chiamarlo alla nostra complicata post-modernità.
‒ Fabio Sindici
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