Donne, Messico e libertà. La fotografia di Tina Modotti in mostra a Milano
Il Mudec di Milano torna a parlare delle grandi donne della storia, proponendo la mostra della fotografa, attrice e attivista friulana Tina Modotti.
Tina Modotti (Udine, 1896 – Città del Messico, 1942) è una delle artiste italiane più note al mondo. A soli 17 anni lascia la città natale per trasferirsi in California e raggiungere il padre. Misteriosa, bellissima e ribelle, sposa il pittore Roubaix de l’Abrie Richey. Successivamente intraprende la carriera di attrice e conosce Edward Weston, fotografo tra i più importanti del Novecento, di cui diviene amante e modella. Rimasta vedova, insieme a Weston frequenta i circoli bohémien del Messico, conoscendo, tra gli altri, Julio Mella, Vittorio Vidali, Diego Rivera e Frida Kahlo. Ognuno di loro ha un ruolo fondamentale nella breve vita di Tina, che muore a soli 46 anni. Nel 1929, l’esposizione dei suoi scatti viene definita: “La prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico”.
LA STORIA DI TINA MODOTTI
Ingiustamente accusata di aver preso parte all’attentato al presidente messicano e all’assassinio di Mella, viene esiliata dal Messico. Vive in Europa per i successivi dodici anni. Questo periodo segna la fine della sua produzione artistica. Secondo alcune testimonianze, viene ingaggiata come spia russa e coinvolta negli accadimenti che portano all’uccisione del politico Lev Trockij, amico e amante di Frida. Dopo l’instaurazione del regime franchista, torna in Messico con il compagno Vidali. Tina è sepolta nel Panteón de Dolores a Città del Messico. Rivera, rifiutandosi di credere che la sua morte fosse sopraggiunta per un attacco di cuore, accusò Vidali di omicidio. Sulla lapide della donna sono scolpiti i versi di Pablo Neruda, profondamente colpito dal “fuoco che non muore” della “sorella”. Rientrato in Italia, Vidali sarà il primo a divulgare l’opera di Tina al grande pubblico.
LA MOSTRA SULLA MODOTTI A MILANO
Numerosi scatti ai sali d’argento, lettere e documenti conservati dalla sorella Jolanda, e un video, raccontano, tra le sale del Mudec, le vicende di questo spirito indomito, libero e anticonformista. Le immagini denotano la profonda ricerca di una cifra autoriale che porta Modotti ad applicare i concetti di verità, di realtà senza trucchi, del “purismo westoniano” a soggetti dinamici. I ritratti di persone e lavoratori rappresentano un’autentica trasformazione stilistica.
Verità, empatia, denuncia sono parole chiave dell’opera di Modotti, che utilizza il mezzo fotografico per promuovere messaggi di attivismo e protesta, ispirata dai registi d’avanguardia del cinema sovietico Sergej Ejzenštejn e Dziga Verov.
Oggi i suoi scatti segnano record d’asta e sono presenti nelle collezioni dei più celebri musei al mondo. Il 22 settembre, il Comune di Milano intitolerà una piazza alla fotografa italiana, nella zona di Rogoredo. Una delle pochissime dedicate a una donna.
‒ Elena Arzani
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