Giro d’Italia. L’altro lato di Milano nelle fotografie di Filippo Romano
Oltre la superficie di città modello Milano è anche molto altro. Dal centro alla periferia il fotografo Filippo Romano, classe 1968, ha documentato i volti tutt’altro che scontati di questa “metropoli tascabile”.
Dal Duomo a Niguarda, a piedi, ci si mette circa un’ora e un quarto, lo stesso tempo che ci si impiega, sempre dal Duomo, per arrivare in zona sud a Stadera.
Milano, rispetto ad altre, è una città piccola che ha uno spazio breve tra il centro e i suoi confini. A Milano, però, in pochi camminano, forse perché Milano non è Roma, non è Venezia e nemmeno Parigi, sembra meno bella, l’aria è piuttosto inquinata e sui marciapiedi ci corrono spesso le biciclette che hanno paura delle macchine.
Tuttavia, Milano, solo se la percorri camminando si disvela intimamente senza filtri, con coraggio, mostrando anche in maniera brutale quel che è e quello che non è, l’occasione che ha saputo cogliere e l’occasione che ha invece perduto.
Milano sembra fredda, è difficile infatti che qualcuno ti chieda “come stai?”, forse perché nessuno ha tempo di stare ad ascoltare la risposta.
Negli ultimi quindici anni, poi, questa metropoli tascabile è profondamente cambiata: è diventata la “città modello” di cui tutti parlano dopo aver ospitato Expo, grazie al quale è stata lanciata nell’olimpo del turismo e degli interessi immobiliari; è la città che ospiterà le Olimpiadi invernali, anche se a Milano non nevica mai; è la città tanto dei grandi eventi quanto di quelli piccoli, la città che dopo il Covid invece di bloccarsi sta continuando a salire, correre, lavorare, la città delle eccellenze. Questa è la narrazione da New York Times che vuole Milano come punto di riferimento nazionale e internazionale soprattutto dopo lo stallo in cui Roma è caduta.
MILANO E LA PERIFERIA
In verità, se la si attraversa, tra gli edifici del primo dopoguerra con gli oleandri fioriti sui balconi, le nuove piazze, i nuovi centri abitati attorno ai centri commerciali del futuro dove hanno casa le influencer e i calciatori, progettati dalle archistar, ci sono anche le case popolari e quel che resta di vecchi quartieri, oppure ci sono quartieri che, come Baggio o Dergano, sono molto resistenti e non sono cambiati mai. È lì che resistono le ultime osterie con i vecchi che giocano a carte, mentre fumano anche se non si può, le posterie del borgo, le piccole librerie, gli artigiani, le associazioni, i gruppi informali, che dal basso si attivano e promuovono azioni infinite di amore verso il territorio che abitano, usano, difendono.
Con Super, il festival delle periferie, in questi anni ne abbiamo incontrate circa 200 di queste piccole realtà straordinarie che sopravvivono a quella narrazione della Milano vincente che pian piano, a forza di essere diffusa, aumenta il costo della vita di tutti, ma soprattutto di quelli che hanno di meno. È lì che sono nate le più grandi azioni di volontariato e altruismo durante i giorni del lockdown: a Dergano un gruppo di donne attivissime si è inventato la Cesta sospesa, “chi ha mette, chi non ha prende”; è a Gratosoglio che un abitante molto attivo in quartiere ha inventato ReUp, un modo per riparare computer donati dalla città che sono stati distribuiti a chi non poteva permettersene uno per lavorare da casa o fare la Dad, mentre le Brigate Sanitarie offrivano tamponi gratuiti a chi ne avesse bisogno.
TUTTI I VOLTI DI MILANO
Milano è una città stratificata, dove i livelli si mischiano, entrando l’uno nell’altro senza toccarsi mai. Gli homeless dormono ai piedi dei grandi palazzi della borghesia che sembrano abitati da fantasmi che in città si muovono solo guidati da altri, la spesa la fanno fare ad altri, le riunioni di condominio anche. È in quelle strade e in quelle vie che sfrecciano i rider a qualsiasi ora del giorno o della notte, è in quelle piazze luminose del centro che le baby gang si riuniscono per spaventare i passanti e, a volte, darsele di santa ragione, perché questo Covid, tra i tanti danni che ha fatto, ha portato anche via l’adolescenza a molti ragazzi che ora hanno urgente bisogno di sfogare una rabbia sociale ancora troppo interiorizzata. È vicino a quelle stesse vie che si spaccia perché lì si accalcano i ragazzi e le ragazze con outfit impeccabili e il cocktail in mano, con il sogno di diventare qualcuno di noto, magari da milioni di follower. Ragazzi arrivati da tutta Italia con la valigia in mano che vengono qui per studiare, lavorare, scappare.
Milano sa essere accogliente, buona, e sa essere cattiva, spietata, sa essere un grande paese e sa essere chiusa in ambienti esclusivi.
Milano non è bella ma è davvero un tipo, proprio perché non ha paura di contraddirsi, perché in qualche modo sa tenere dentro di sé tutto, i poveri, i ricchi, i soli, i perdenti, i fortunati e i vincenti. Serve conquistarla piano piano, camminandola nel tempo, con lentezza e con pazienza a sfidare la sua velocità. Solo così ti entra dentro, diventando bellissima.
‒ Federica Verona
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #62
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati