La forza delle donne afghane nella mostra di Fatimah Hossaini a Lecce
La forza e la resilienza delle donne afghane, immortalate da Fatimah Hossaini, costituiscono il fulcro tematico di “Beauty amid War”, la mostra dell’artista iraniana inaugurata all’Accademia delle Belle Arti di Lecce.
Sguardi intensi, fieri, profondi, che squarciano il silenzio dell’oppressione esprimendo forza e resilienza. Sono gli occhi delle donne afghane che vivono in zone di guerra, ritratte da Fatimah Hossaini, attivista e fotografa iraniana, ospite il 22 ottobre scorso dell’Accademia delle Belle Arti di Lecce per inaugurare la personale Beauty amid War.
La mostra fotografica approda nella capitale del Barocco dopo Pechino, Teheran, New York e Parigi. Attraverso 18 scatti, tratti dalle collezioni Pearl in the Oyster e Khurasani Reflections, Fatima Hossaini ‒ attivista a favore dei diritti delle donne e dei rifugiati, curatrice, fondatrice di Mastooraat Organization, ente che sostiene l’arte, le donne e la pace, già insegnante di arte all’università di Kabul e rifugiata a Parigi per scampare alla dittatura ‒ ritrae volti di donne afghane appartenenti a diverse etnie: Pashtun, Tagiki, Hazara, Qizilbashes e Uzbeki.
LE FOTOGRAFIE DI FATIMAH HOSSAINI
La potenza della bellezza femminile, raccontata oltrepassando lo stereotipo della donna vittima e passiva, sottolineando le radici identitarie della cultura afghana, costituisce dunque, nella poetica della fotografa iraniana, l’antidoto alla violenza, alla guerra e alla cancellazione dei diritti umani fondamentali, barbaramente perpetrate dai talebani in Afghanistan. E non è stato facile ‒ come stigmatizza la stessa Fatimah Hossaini ‒ fotografare, per di più in contesti pericolosi, donne intimorite dalle norme sociali vigenti nella società afghana profondamente conservatrice, che concepisce come provocazione il semplice atto di posare per una foto. L’arte contemporanea costituisce, nella visione dell’artista iraniana, uno strumento di lotta contro l’oppressione a favore della parità di genere, foriera di un “messaggio al mondo, silenzioso ma potente, che narra la resilienza di milioni di donne afgane”.
‒ Cecilia Pavone
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