Sei decadi, due continenti, società e conformazioni geopolitiche in trasformazione: arriva dalla Serpentine di Londra al MASI Lugano la mostra dedicata al fotografo James Barnor (Accra, 192; vive a Londra). Barnor non è stato solo fortunato, come lui stesso afferma, ha saputo afferrare con caparbietà la fuggevole e straripante bellezza di un momento storico irripetibile: la liberazione del popolo del Ghana ‒ il primo Paese sub-sahariano in assoluto a raggiungere tale traguardo nel 1957 ‒, l’affrancamento dalla colonizzazione europea. Lavora prima per il Daily Graphic (il giornale fondato in Africa dal Daily Mirror), poi per la rivista sudafricana Drum. La vita degli abitanti di Accra viene tracciata dal suo sguardo, apre infatti Ever Young, studio fotografico a Jamestown, agli inizi degli Anni Cinquanta. Osservando i numerosi esseri umani che sono stati trasposti in immagine dal suo obbiettivo, la dichiarazione “le persone sono più importanti dei luoghi” appare in tutta la sua potenza e trasparente sincerità.
Selina Opong, una delle prime poliziotte donne in Ghana, un gruppo di sorridenti infermiere, la posa plastica dello studente di yoga, la bimba che sollevandosi a quattro zampe sembra stupirsi del suo stesso gesto: sono tutti scatti in bianco e nero che segnano i primi passi di Barnor come professionista. E ancora cattura la vita iridescente di Accra e l’Indipendenza: le celebrazioni ufficiali, la musica, gli scioperi, la statura dei politici e il brivido dell’entusiasmo e della fiducia verso il futuro.
IL FOTOGRAFO JAMES BARNOR A LONDRA
Nel 1959 James Barnor vola a Londra ma porta con sé le proprie radici, immortalando la capitale inglese durante i leggendari Swinging Sixties e la cultura della diaspora africana. Alcune fotografie ci guidano nel mondo dei matrimoni misti. La macchina da presa di Barnor non è a caccia delle dinamiche sbalorditive, dell’elemento dissacrante, registra la mutevole quotidianità, il cambiamento di costumi, la gioia di essere presenti e di assistere a un svolta epocale. Così sfilano frammenti dei mercati londinesi come il Petticoat Lane e Covent Garden, i campioni sportivi come Muhammad Ali (circondato da fan e mentre si prepara all’incontro con Brian London) o Mike Eghan che posa orgoglioso con le braccia spalancate, mentre alle spalle pulsano gli schermi di Piccadilly Circus. Ma irresistibili sono le cover per il magazine Drum. Ad attrarre l’attenzione è lo scatto di prova della modella Rema Nelson, che seduce chi si trova al di là della lente ‒ dopo aver staccato e avvicinato alla bocca un batuffolo di zucchero filato ‒, poi, d’improvviso, è il colore ad ammaliarci, sposandosi alla perfezione con i pattern psichedelici degli abiti. Marie Hallowi, con un completo dai colori caldi, taglio a caschetto, unghie smaltate fucsia, ammicca da una decappottabile; sempre lei sorride mentre alcuni piccioni volano tra le sue braccia. Fuori dalla stazione di Charing Cross (1966), Hallowi sfoggia un abito a losanghe azzurre e rosa, la pelle cioccolato è una macchia di colore che riscalda l’atmosfera. Allo stesso modo, angoli di cielo bucano, a destra e a sinistra, la composizione.
IL GHANA NEGLI SCATTI DI BARNOR
James Barnor non può fermare a Londra la sua rivoluzione tonale. Negli Anni Settanta torna in Africa per aprire il primo laboratorio di elaborazione del colore e portare le novità dei prodotti fotografici dell’azienda Agfa-Gevaert. La comunità ghanese non resiste alla tentazione di farsi ritrarre, iniziano così commissioni di vario genere come il servizio per il calendario dell’Agip. Tuttavia, questo incredibile fotografo non dimentica i giochi chiaroscurali del bianco e nero, regalando ritratti intimi e delicati durante tutto l’arco degli Anni Settanta.
‒ Giorgia Basili
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