Tokyo nelle fotografie di Daido Moriyama e Shomei Tomatsu
La mostra al MAXXI di Roma, a cura di Hou Hanru, offre un viaggio nella Tokyo profonda, dal dopoguerra a oggi. Due maestri raccontano la città, lo spazio pubblico, le storie, le persone
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È una Tokyo inedita, priva di alcuna concessione all’esotismo e alle immagini delicate, spirituali, pulite alle quali siamo stati abituati e che pur costituiscono il doppelganger della capitale del Giappone. È invece sporca, drammatica, metropolitana, sessuale, la città che viene fuori dagli scatti dei fotografi Daido Moriyama e Shomei Tomatsu, in mostra al MAXXI di Roma fino al 16 ottobre 2022.
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Daido Moriyama, Pretty Woman, 2012 © Daido Moriyama Photo Foundation. Courtesy Akio Nagasawa Gallery
LA MOSTRA TOKYO REVISITED AL MAXXI DI ROMA
Tokyo Revisited è una incursione di 500 immagini tra le pieghe del tessuto urbano, ma anche nei temi: ancora un viaggio tra le voci contemporanee nel mondo, tra i tanti ai quali ci ha abituato il curatore Hou Hanru nei suoi anni al museo della Capitale. La figura umana, talvolta presente, talaltra allusa, è sempre protagonista e lo sguardo degli artisti non è mai freddo, ma sempre intimo, comprensivo e indagatore. Sembra dire We are all in the same game, e quindi ogni peccato è perdonato. Tra i vicoli con gli edifici piastrellati e i segnali dei peep-show di Ikebukuro e Shinjuku, alla fermata della metropolitana in affollata attesa, calze a rete che diventano segni grafici e volumi surrealisti, l’occhio del fotografo è allo stesso tempo antropologico e amico, chirurgico e non giudicante.
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Daido Moriyama, Japan a photo theater, 1968 © Daido Moriyama Photo Foundation. Courtesy Akio Nagasawa Gallery
CHI SONO MORIYAMA E SHOMEI TOMATSU
Il primo l’allievo, il secondo è il maestro. Nato a Osaka nel 1938, Moriyama è il testimone oculare dell’esplosione del capitalismo giapponese, nel quale tradizioni, influenze occidentali e il ricordo doloroso e oscuro della bomba atomica si fondono. Moriyama lo riprende senza lasciarsi ammaliare dalla sua scintillante e colorata bellezza, ma cercando di raccontarlo nella sua complessità e duplicità. Ecco, dunque, che le immagini si sfaldano, si fanno fuori fuoco. La bellezza dello scatto e del soggetto sono una illusione: la vita è un’immagine slabbrata che si agita davanti all’obbiettivo. Shomei Tomatsu nasce a Nagoya nel 1930 e muore a Naha nel 2012. Fondatore della agenzia Vivo, Tomatsu riprende il mondo con sguardo documentaristico e una grande attenzione alle tematiche politiche e sociali. Tra i suoi reportage più famosi c’è quello realizzato negli Anni Sessanta sui sopravvissuti alla bomba nucleare. In mostra non compaiono queste immagini, perché qui la protagonista è la città.
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FOTOGRAFIA ED EDITORIA
Nell’allestimento labirinto – complice anche la struttura del museo – lo spettatore è parte della baraonda cittadina, sente gli odori insistenti, si perde tra la folla, tra i bianchi e neri decisi e i colori acidi del boom e della nightlife, e tra i percorsi narrativi esplorati dagli artisti, che considerano lo spazio pubblico un luogo performativo privo di sceneggiatura, il corpo come architettura e le architetture come disegni. E poi ci sono gli scatti con i volti della Beat Generation, i misteri della nascita e del sesso, la relazione con se stessi nell’autoritratto.
Tra i momenti più avvincenti della mostra c’è la sezione dedicata alla rivista Record, che tra ispirazione dal libro su New York di William Klein, ideata negli Anni Settanta da Moriyama e concepita come un diario metropolitano, con pochi testi e immagini a piena pagina, nel classico formato rivista, con copertina morbida e stampa di alta qualità. Al MAXXI c’è una nutrita rappresentanza delle pubblicazioni prodotte (e ci si può perdere tra un numero e l’altro), oggi in stampa grazie ad Akio Nagasawa Publishing.
‒ Santa Nastro
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