Pino Pascali nelle fotografie di Ugo Mulas. La mostra in Puglia
Due grandi amici. Il grande artista e il grande fotografo. Pino Pascali e Ugo Mulas. Oggi sono in mostra assieme a Polignano a Mare. Gli scatti di Mulas raccontano il lavoro ma anche la vita privata di Pascali nella Roma degli Anni Sessanta
La mostra Dialoghi. Pino Pascali e Ugo Mulas, curata da Alessio de’ Navasques a Polignano a Mare, ricostruisce il legame tra il celebre fotografo e l’allora emergente artista, nella Roma di fine Anni Sessanta. L’incontro viene raccontato dalla Fondazione Museo Pino Pascali mediante quarantuno immagini in bianco e nero, concesse dall’Archivio Mulas, molte delle quali hanno sugellato l’iconografia pascaliana nei suoi tratti più istrionici, compresivi della nota e spontanea attitudine performativa. Tra le occasioni che cementarono il sodalizio ci fu la committenza affidata a Mulas da Flavio Lucchini, direttore creativo de L’Uomo Vogue, l’innovativa rivista da lui fondata a Milano nel 1967. Per l’occasione, inseriva Pascali nel gruppo di artisti “in posa”, in un servizio con modelli non tradizionali, per indossare la moda, che in quegli anni cambiava costumi morali e culturali. Artisti, cantanti, attori, come Ettore Sottsass, Alighiero Boetti, Aldo Mondino, Tommaso Trini e un Giangiacomo Feltrinelli in pelliccia, in stile Pasternack, autore che, peraltro, per primo aveva tradotto in Italia. Pascali si adeguava con outfit tipici di un certo anticonformismo hippy, come del resto farà in seguito, con capriole o in pose che lo colgono di spalle, assorbito nel campo scuro della sua folta e identitaria capigliatura, di fatto un’icona di frequente utilizzo.
MULAS FOTOGRAFO DEGLI ARTISTI
Mulas gli artisti li fotografava preferibilmente al lavoro (Alexander Calder, Marcel Duchamp, Lucio Fontana, Robert Rauschenberg, Andy Warhol e altri), focalizzando dettagli significativi delle reciproche poetiche. Sperimentatore anche della portata concettuale del mezzo, Mulas attraversa la fotografia, soprattutto con il ciclo Verifiche, dal 1962 al 1970, forzando i confini tra sguardo umano e occhio meccanico fino a inglobare soggetti astratti.
Autodidatta, cresciuto professionalmente al Jamaica Bar di Milano, dal 1954, insieme al fotoreporter e amico Mario Dondero, comincia a documentare la Biennale di Venezia, dove farà la conoscenza di Pascali. Non mancherà mai l’appuntamento con la rassegna veneziana anche quando si sposterà sulla scena newyorchese, dopo il 1964.
PASCALI NELLE FOTOGRAFIE DI MULAS
Nelle foto scattate alla Biennale di Venezia, Pascali campeggia nella sala a lui dedicata, emerge tra i contestatori ai Giardini e riaffiora nell’immagine, anch’essa in mostra, del famoso telegramma con cui si ritira per protesta dalla rassegna. Resta la documentazione che Mulas gli dedica fotografando Pascali nel suo studio romano, qualche mese prima della morte per incidente stradale nel 1968, con le opere che avrebbe presentato in laguna. Per esempio il Cavalletto”, che, dopo la Biennale, sarebbe volato con gli altri lavori della serie Gruppo di oggetti agricoli a New York nella galleria Jolas. Pascali affianca la struttura di legno, raffia, lana d’acciaio e pelo sintetico, producendosi in una sorta di verticale, con i piedi fasciati dai sandali e puntati verso l’alto, in uno spazio che Mulas provvede a svuotare per consentire all’opera e al suo autore di contrapporsi in nitide campiture di bianco e nero. Mulas si attarda anche su un Pascali più intimo mentre flirta con la compagna Michelle Coudray sul Lungotevere, complice un abbagliante tramonto.
Nella parte finale dell’esposizione, dopo la sua morte, Mulas ritorna su Pascali in occasione della mostra Vitalità del Negativo, curata da Achille Bonito Oliva al Palazzo delle Esposizioni nel 1970. Si concentra sul rapporto fra i 32 metri quadrati di mare circa e lo spazio museale che lo ospita, nonché sui visitatori che ne compromettono l’orizzontalità, comparendo come sagome scure sul fondo o inserendosi tra le vasche. L’opera occupa l’immagine in modo totalizzante, è un mare bianco/nero replicato in una serie di sette scatti esposti al completo per la prima volta, con la geometrica griglia appena deformata dallo sguardo devoto del fotografo.
‒ Marilena Di Tursi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati