Ritratto di Regina. Un’icona pop e i suoi fotografi
Un po’ timida e molto riservata, la regina Elisabetta II è stata la donna più fotografata del pianeta. Fabrizio Ferri in un documentario racconta ritratti e fotografi che hanno reso la sua immagine ancora più popolare nel mondo
Quanti modi, quante voci, quante parole per raccontare la regina Elisabetta II? Negli anni passati, da vera icona popolare, la regina è stata oggetto e soggetto di tantissime testimonianze, va però riconosciuto che la migliore intuizione l’ha avuta Paola Calvetti con il suo libro Elisabetta II. Ritratto di Regina. Quelle pagine di enorme successo sono divenute un racconto documentario a firma di Fabrizio Ferri. Ritratto di regina, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Proiezioni speciali, arriva in sala con Nexo Digital dal 21 al 23 novembre. Ferri, ispirandosi al libro di Paola Civiletti, mostra allo spettatore la grande relazione – molto accattivante e sincera – che c’è stata tra la regina e la fotografia. Non solo i suoi ritratti sono cosa nota a tutto il mondo, ma mostrano anche in modo significativo come, nell’arco temporale di oltre mezzo secolo, il ritratto fotografico sia cambiato, abbia sperimentato e si sia evoluto in forma, stile, creazione. Il documentario Ritratto di Regina è la storia inedita e sorprendente della donna più fotografata, amata, discussa, spiata, osannata, criticata, acclamata del pianeta. Di seguito quanto ci ha raccontato il regista e fotografo Fabrizio Ferri.
INTERVISTA AL REGISTA FABRIZIO FERRI
Paola Calvetti, l’autrice del libro “Elisabetta II. Ritratto di Regina”, ha avuto una notevole intuizione. Lei ha adattato questa intuizione è ha scelto visivamente il primissimo piano dei fotografi coinvolti. Come mai?
Ho avuto chiaro da subito che non avrei voluto fare una intervista ai fotografi, piuttosto un vero ritratto di ciascuno di loro: cosa significa la fotografia, il racconto dell’incontro con la regina, delle emozioni che hanno provato nel fotografarla, cosa è rimasto nel cuore da quell’incontro. La sincerità di questi straordinari fotografi, illuminata insieme al loro sguardo e alla loro voce erano gli unici elementi necessari al ritratto. Ambiente e abiti avrebbero solo distratto.
Questa scatola nera all’interno della quale vediamo e ascoltiamo i fotografi, contiene anche Charles Dance che assume il ruolo di voce narrante. È stata sua la scelta?
Ho posizionato i fotografi e Charles Dance sul ciglio di una grande scatola nera, una scelta fondamentale perché non volevo un fondale nero ma la profondità del buio, un’oscurità dalla quale i protagonisti appaiono entrando nella luce pittorica, calda, polarizzata da veli neri, mai riflessa sui volti, posizionata in alto parallela al suolo. Un fondo nero è un colore, il nero del buio rappresenta la vita, il tempo della vita da cui usciamo per poi rientrare. Charles racconta e legge quanto ci hanno lasciato i fotografi che non sono più tra noi, che sono rientrati nel buio. Per distinguerlo ho scelto il bianco e nero. Il colore non serviva per il ritratto di chi non c’è più.
I ritratti della Regina Elisabetta, come detto anche nel documentario, raccontano la storia di una regina, ma anche l’evoluzione del ritratto. Messa insieme tutta questa storia, cosa l’ha colpita di più?
La cosa che mi ha colpito maggiormente man mano che “conoscevo” la regina, pur senza mai incontrarla, è tata la sua consapevolezza del valore dell’immagine. Per questo ha affidato la sua a grandi fotografi. Sapeva che l’avrebbero ritratta guidati dal loro sentimento e dalle loro emozioni: ritratti sinceri, fuori dai binari del protocollo, capaci di comunicare emozione e umanità. Elisabetta II è stata fotografata per ben 96 anni, tutta la sua vita! Metà della storia della fotografia. La scelta di gestire la comunicazione della propria immagine delegandola al lavoro di grandi fotografi, ne ha fatto credo la prima “influencer”.
Lei in che posa avrebbe fotografato la Regina?
Se avessi avuto l’opportunità di fotografarla, avrei fatto quello che so fare meglio: ritrarre il suo sguardo, per un ritratto che ti guarda.
Quale è il messaggio più importante per lei: questo è un film sull’immagine o sulla persona?
“Portrait Of The Queen” è forse il ritratto più esaustivo che io abbia mai realizzato, eppure non è una fotografia e non ho mai incontrato il soggetto. In questo film, l’immagine di una persona e la persona stessa coincidono. Come la sua immanenza e la sua assenza.
RITRATTO DI REGINA: LE TESTIMONIANZE NEL FILM
In Ritratto di Regina oltre all’attore britannico Charles Dance riporta le testimonianze di Chris Levine, Brian Aris, Julian Calder, Jason Bell, John Swannell, David Montgomery. A loro si aggiungono altre voci e volti, quelli di Emma Blau (fotografa e comproprietaria dell’Agenzia fotografica Camera Press), Pierpaolo Piccioli (direttore creativo di Valentino e uno degli stilisti e direttori creativi più importanti al mondo), Isabella Rossellini (la donna che ha avuto il maggior numero di copertine nella storia dell’editoria, tra le più fotografate al mondo) e Susan Sarandon (che ha incontrato personalmente la Regina e che regala agli spettatori una riflessione più privata e intima sul ruolo, gli obblighi e le complessità di un regnante). Mentre a firmare la colonna sonora originale del documentario è del pianista e compositore Remo Anzovino, in uscita su etichetta Nexo Digital e distribuzione Believe in autunno.
Margherita Bordino
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