Esce la seconda edizione di “Travestiti”, libro fotografico di Lisetta Carmi
Edito da Contrasto, “Travestiti” racconta uno spaccato della società italiana degli anni Sessanta e Settanta, affrontando il tema dell’omosessualità con sguardo empatico e umano
Cominciò per caso con un invito ad una festa di compleanno dove Lisetta Carmi (Genova 1924, Cisternino 2022) portò con sé la macchina fotografica. Era un compleanno speciale, una riunione di uomini vestiti da donne, o meglio di uomini che si sentivano donne, “c’erano dolci, vino e un grammofono che suonava canzoni strazianti”, ricorda. C’era la Gitana che era stata amante di De Pisis, la Morena che aveva ispirato De André per Bocca di rosa, la Novia conturbante androgino….
“Chiesi il permesso di scattare qualche foto e cominciò così un lungo rapporto che andò avanti per anni”. Sette per l’esattezza, duemila immagini, un libro dal titolo Travestiti, che spaventò gli editori, fu all’inizio rifiutato, poi pubblicato da un impavido pubblicitario Sergio Donnabella che fonda apposta la casa editrice Essedì. Ed ecco che nel 1972 Travestitiesce con copertina cartonata su fondo rosa dove giganteggia la Gitana nuda a tutta pagina.
LA NUOVA EDIZIONE DI “TRAVESTITI” DI LISETTA CARMI
Ci voleva coraggio per fare un libro così a quel tempo, ed anche a comprarlo probabilmente. Le copie restano invendute e sono gli amici di Lisetta, Barbara Alberti soprattutto, che si affannano a salvarlo dal macero ospitando pacchi di volumi nelle loro case. Ma il tempo è galantuomo e quel libro presto diventa un introvabile oggetto di culto. Ora che a cinquant’anni di distanza mentre le Gallerie d’Italia di Torino celebrano Lisetta Carmi con una bellissima antologica (fino al 12 febbraio) e Contrasto ha appena pubblicato una nuova edizione che raccoglie una imperdibile selezione delle foto a colori di quei Travestiti, val la pena di ragionare su quello che Carmi seppe fotografare con tanta delicatezza, affetto, rispetto e sana curiosità. È la loro vita quotidiana che lei registra: il trucco, il passeggio, il vestito, la parrucca, il narcisismo, la malinconia, il gioco, l’amicizia, il corpo, lo sguardo, i gesti erotici o impacciati…
I “TRAVESTITI” DI LISETTA CARMI
Girano per i vicoli di Genova, aspettano i clienti sedute sui gradini, oppure si rintanano nelle loro camerette. Hanno specchi dorati, la svenevole madonna con bambino del Ferruzzi a capoletto, esuberanti sovraccoperte a fiori. Amano i babydoll trasparenti in terital, i reggicalze e le teste cotonate. Guardano l’obiettivo con un briciolo di sfida, sorridono alla fotografa, non conoscono imbarazzi di fronte a lei. Ovunque aleggia complicità di quelle femminili, giocose, quasi infantili… Una ricerca di libertà dell’essere oltre i confini che pagano a caro prezzo. “Come uomini”, ci dice Carmi, “hanno un aspetto troppo femminile, come donne hanno l’impedimento dello stato anagrafico maschile. Sopportano solitudini incredibili proprio perché da una parte la società li cerca, dall’altra li isola e li obbliga praticamente a vivere in ghetti, ha paura di riconoscersi in loro”.
Travestiti, invertiti pederasti… queste le definizioni più educate nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta. “Abbiamo avuto casi di pazzia o peggio di pederastia”, dice Gian Maria Volonté (alias Enrico Mattei) al giornalista in visita a una delle prime piattaforme petrolifere nel celebre film del 1972 che racconta la morte del presidente dell’Eni. Omosessualità dunque ancor peggio della pazzia, persino per Francesco Rosi (regista) e Tonino Guerra (sceneggiatore), artisti e intellettuali della sinistra storica.
L’OMOSESSUALITÀ NELL’ITALIA DEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA
Eppure a differenza degli Stati Uniti e del Regno Unito, l’Italia non aveva leggi contro l’omosessualità. Avevamo legalizzato l’omosessualità nel 1889 e persino il codice Rocco non parla di comportamenti sessuali. Ma travestirsi no. Il mascheramento è illecito amministrativo e nel 1969 la Cassazione decide che presentarsi in pubblico vestiti da donna è addirittura reato. Ma quel che più pesa è il pregiudizio, la condanna morale, il dileggio, la convinzione che superare la logica binaria di genere fosse comunque una devianza da curare anche con terapie violente. Quella dello psichiatra inglese Philip Feldman ad esempio che mostrando al paziente omosessuale una foto di un uomo nudo faceva partire una scarica elettrica, e subito dopo sostituiva il nudo maschile con uno femminile dove la scossa non partiva. Sono tutte informazioni raccolte nei saggi che accompagnano le foto: Vittorio Lingiardi, Juliet Jacques, Paola Rosina. Testi importanti che aiutano a capire quanto rivoluzionaria potesse essere stata quell’antologia di volti e corpi che parlavano di una sessualità diversa e di una libertà dell’essere umano di viversi e immaginarsi. “Ho imparato che la libertà si può fotografare”, era solita dire Lisetta Carmi. Ma non era così facile ci voleva il suo sguardo che aveva già attraversato i tempi e capito che prima o poi il mondo avrebbe accolto il desiderio di scegliere nell’ essere uomini, donne o entrambe le cose. “I travestiti mi hanno aiutato ad accettarmi per quello che sono: una persona che vive senza ruolo. Osservare i travestiti mi ha fatto capire che tutto ciò che è maschile può essere femminile e viceversa. Non esistono comportamenti obbligati se non in una tradizione autoritaria che ci viene imposta fin dall’infanzia”. Ma soprattutto osservare queste foto ci dà la misura di quanto la lotta e la fatica dei movimenti di liberazione siano riusciti a ottenere in nome della civiltà e del rispetto della dignità umana. Perché in fondo solo sessant’anni ci separano da quelle immagini e da quelle parole: travestiti, pederasti, invertiti…
Alessandra Mammì
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