Fotografare le fragilità umane. Sam Taylor-Johnson in mostra a Roma
Cavi, funi, gru, carrucole si stagliano nel roccioso deserto della California. Ecco il set di Sam Taylor-Johnson, che torna nella galleria Lorcan O’Neill a Roma con una serie di autoritratti fotografici ispirati alle vulnerabilità umane
A poca distanza da Hollywood si trova il parco naturale di Joshua Tree. “Un luogo spirituale, quasi ultraterreno“, lo definisce la fotografa e cineasta Sam Taylor-Johnson (Londra, 1967), “in cui gli alberi possono vivere fino a 1000 anni“. Qui è nato Wired, il nuovo progetto realizzato dall’artista londinese nel 2020 e attualmente ospitato negli spazi della galleria Lorcan O’Neill di Roma.
LA MOSTRA DI SAM TAYLOR-JOHNSON A ROMA
Un cielo terso fa da sfondo al set allestito di Sam Taylor-Johnson, dove le rocce lunari del deserto marcano l’orizzonte. È qui che l’artista si autoritrae mentre è sospesa a mezz’aria, appesa a testa in giù a gru e carrucole. Le esili forme di Taylor-Johnson e la sua lunga chioma bionda irrompono nella natura incontaminata e selvaggia del parco, dove oggetti distorcono e alterano la scena. Macchine vintage si fanno trofeo di un’epoca viva e festosa. Fondali cinematografici si innestano nel paesaggio creando un varco nel quale il pubblico “entra” in un’altra epoca; palloncini colorati fluttuano insieme all’artista (e allo spettatore) fra le nuvole, lasciando a terra sensazioni e ricordi pesanti.
LE FOTOGRAFIE DI SAM TAYLOR-JOHNSON
La particolarità delle foto è nella resa veritiera di tutta la “struttura portante” necessaria all’artista per rimanere sospesa in aria. Cavi d’acciaio, gru e carrucole si mostrano nella loro interezza, senza inutili abbellimenti. Un gesto con il quale non solo si restituisce una diapositiva reale del set, ma anche l’equilibrio armonico tra tutti gli elementi (naturali e artificiali).
Valentina Muzi
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