Morto George Zimbel, fotografo umanista noto per lo scatto più iconico di Marilyn Monroe

L’autore di origini americane fu allievo della Photo League, e nel Dopoguerra respirò l’urgenza della fotografia “sociale”, centrata sulla gente comune. Ma immortalò anche celebri personalità, tra cui la Marilyn con la gonna alzata dal vento

Aveva 93 anni George Zimbel, fotografo e documentarista americano-canadese, classe 1929. Con la sua scomparsa, nella casa di Montréal che l’aveva accolto dall’inizio degli Anni Ottanta, si chiude l’era della Photo League, collettivo di fotografi attivo a New York tra gli Anni Trenta e Cinquanta per sperimentare le applicazioni di una fotografia “socialmente consapevole” (si guardi, in merito, il documentario Ordinary Miracles. The Photo League’s New York, di Daniel Allentuck e Nina Rosenblum, 2012), che ebbe grande seguito presso chi all’epoca volesse abbracciare il mestiere di fotoreporter, grazie all’approccio diretto alle tematiche della quotidianità, alle storie della gente comune e all’esplorazione dei quartieri cittadini (di quel gruppo si ricordano Arthur “Weegee” Fellig, Dorothea Lange, Paul Strand, Lisette Model).

George Zimbel

George Zimbel

GEORGE ZIMBEL. DALLA PHOTO LEAGUE A MARILYN MONROE

Zimbel, nato a Woburn, in Massachusetts, da una famiglia di immigrati ebrei, aveva studiato alla Photo League sotto la guida di John Ebstel, per poi frequentare la Columbia University di New York e ottenere una borsa di studio per la New School for Social Research sotto la guida di Alexey Brodovitch. In quegli anni, anche per merito dell’incontro con Edward Steichen, allora curatore del Museum of Modern Art di New York, iniziò a maturare la decisione di intraprendere la carriera fotografica e si arruolò come fotografo nell’esercito americano, finendo in Europa al seguito delle truppe durante il periodo della ricostruzione post-bellica. Sebbene gran parte della sua attività da freelance – soprattutto a partire dagli Anni Sessanta e lavorando assiduamente per il New York Times – sia stata caratterizzata dall’approccio documentaristico mutuato dal gruppo della Photo League, Zimbel resterà nella storia della fotografia per gli scatti di Marilyn Monroe con l’abito bianco alzato dal passaggio della metropolitana, realizzati in occasione di una campagna commissionatagli dall’agenzia Pix nel 1954, per promuovere il film Quando la moglie è in vacanza del regista Billy Wilder. La sequenza iconica della diva di Hollywood fu però “sfruttata” da Zimbel solo molti anni più tardi, quando, dal 1976, il fotografo, che non vendette mai gli scatti, iniziò a stamparli per esporli in mostre personali. Al suo obiettivo si devono peraltro ritratti di altre celebri personalità dell’epoca, da Jacqueline Kennedy e John Kennedy durante un’uscita pubblica a New York nel 1960 alla regina Elisabetta II, a Pierre Elliott Trudeau.

George Zimbel

George Zimbel

IL FOTOGRAFO DELL’UMANITÀ

Però il focus dei decenni a seguire si spostò sulla gente comune, in scatti in presa diretta, stampati prevalentemente in bianco e nero, tecnica preferita da Zimbel per la sua resa espressiva: “Sono un fotografo dell’era moderna” diceva di sé e del suo lavoro “interessato innanzitutto alla vita delle persone”. Nel ribadirlo, Zimbel non mancava di marcare la differenza tra il suo approccio e quello di certi autori “contemporanei”, dediti a fotografare “una sedia, un oggetto, il nulla”: “Non comprendo questo approccio, anche se lo rispetto. Ma io sono interessato all’umanità”. L’ultima parte della sua lunga carriera si è svolta, già superati gli ottant’anni, nello studio di Saint-Joseph Boulevard, a Montreal: in Canada, Zimbel si trasferì con sua moglie solo nel 1980, dopo un decennio trascorso a gestire una fattoria nella contea del Queens, sull’Isola del Principe Edoardo, a partire dal 1971, quando abbandonò gli Stati Uniti per protestare contro la guerra in Vietnam (rivelazione condivisa solo in vecchiaia). Del 2016 è il documentario Zimbelism, che del fotografo racconta vita e mestiere. Dagli Anni Duemila le sue foto – le cui stampe originali sono entrate nelle collezioni di musei di tutto il mondo, dal MoMa al Tokyo Metropolitan Museum of Photography, e acquistate da diversi collezionisti privati – sono state oggetto di numerose mostre, tra cui la monografica a lui dedicata dal Museo di Belle Arti di Montreal nel 2015.

Livia Montagnoli

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