Com’è cambiato il nostro rapporto col cibo. I fotografi Magnum in mostra a Verona
Una mostra negli spazi rinnovati dell’ex ghiacciaia più grande d’Europa gestita da Eataly, alle porte di Verona, racconta le nostre abitudini alimentari, dal dopoguerra a oggi
Inaugurata nel 1930 e nota per essere stata la più grande ghiacciaia d’Europa fino agli Anni Settanta, la Stazione Frigorifera Specializzata, rigenerata grazie all’intervento architettonico di Mario Botta, è oggi la sede di Eataly Verona. Sovrastata da una cupola di cemento armato dal diametro di 24 metri, ospita un grande mercato, con ristoranti, cucine, sale per conferenze e un museo dedicato alla storia dell’edificio. In questo contesto si colloca il progetto Eataly Art House – E.ART.H., il cui obiettivo consiste nel promuovere le arti visive presso il grande pubblico attraverso nuove formule di fruizione. Photo&Food. Il cibo nelle fotografie Magnum dagli anni Quaranta a oggi, a cura di Walter Guadagnini in collaborazione con Costanza Vilizzi, è la mostra che comprende 125 immagini, firmate da 29 fotografi internazionali.
La mostra Photo&Food da Eataly Art House
La rassegna si apre sulle foto in bianco e nero della sezione Dalla guerra al Boom: in un’Europa stremata dal secondo conflitto mondiale, l’obiettivo dei grandi reporter dell’agenzia Magnum indaga situazioni in cui il cibo si presentava come qualcosa di raro e di prima necessità. Ci troviamo così di fronte a immagini patetiche e intense come quella di Werner Bischof, che ci svela il limpido sguardo di un bambino colto all’interno del refettorio di un campo per rifugiati in Svizzera. Poi, col migliorare della situazione economica, il rapporto con il cibo finisce per assumere un valore di interazione sociale: ecco subentrare episodi variamente conviviali, con tavolate all’aperto e locali affollati, come nella Parigi o nella Londra degli Anni Cinquanta e Sessanta quali ci appaiono negli scatti di George Rodger e di Elliott Erwitt.
Com’è cambiato il nostro rapporto col cibo
Nella seconda sezione, intitolata Il cibo delle star, l’atto del mangiare assurge a pretesto per cogliere i protagonisti dello spettacolo, dell’arte e della politica in una dimensione rilassata e quotidiana, oppure, al contrario, nell’adempimento di un pubblico rituale: se la Marilyn Monroe colta dall’obiettivo di Philippe Halsman nell’atto di addentare un burger alla fermata di un fast food drive in rappresenta un doppio concentrato di mitologia americana – una vampata di aura hollywoodiana rinfrescata da una confidenziale atmosfera pop – l’apparecchiatura del pranzo ufficiale in onore della regina Elisabetta documentata da Martin Parr ci offre una muta liturgia di oggetti cerimoniali, una strumentazione di piatti e posate posizionati secondo spaziature inesorabili, in attesa di una sequenza di vivande inderogabilmente articolata e regolamentata.
La terza parte, Dal produttore al consumatore, riunisce immagini legate ai processi di produzione, trasformazione e smercio dei prodotti, con fabbriche alimentari, rivendite di strada e supermercati straripanti di lattine, di involucri, di confezioni, di etichette: apoteosi del cibo inteso come la merce più malleabile e appetibile, diversamente declinata, impacchettata, inscatolata a seconda delle diverse civiltà e tradizioni, dalla Palermo di Alex Majoli alla Cina di Eve Arnold, dall’Inghilterra di Martin Parr al Messico di Alex Webb.
Viene poi il momento del Cibo estremo: riferimento alle nuove frontiere dell’alimentazione, divagando tra colture idroponiche e organismi geneticamente modificati, tra l’imperversare delle confezioni in plastica e l’alchemico fascino delle colorazioni chimiche degli alimenti.
La mostra si chiude con La tavola sacra, che indaga l’aspetto simbolico e rituale del cibo e la sua importanza nei diversi culti religiosi: dal subcontinente indiano di Raghu Rai – che documenta l’azione di alcuni monaci, i quali, dall’alto di un’impalcatura, irrorano una gigantesca statua di spezie e miele – alla Sicilia di Ferdinando Scianna, che immortala, malferma tra le mani di un ragazzino, una torta di matrimonio che si erge inclinata come una candida torre, isolata dal contesto della festa e ostentata come un ultimativo paramento liturgico.
Alberto Mugnaini
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