La memoria dei luoghi è il futuro. Report dal Gibellina Photoroad
Si confondono con la storia di Gibellina, e della sua rinascita, le mostre che interagiscono con i luoghi della vita quotidiana del borgo siciliano, per il festival internazionale che riunisce 50 fotografi
Il Photoroad di Gibellina è un festival internazionale di fotografia tra i più attesi e vede la partecipazione, ogni due anni, di numerosi artisti, istituzioni e pubblico. Gli allestimenti interagiscono site-specific con il tessuto urbano rendendo davvero originale e interessante la proposta di visitare le mostre, non solo negli spazi preposti come musei e fondazioni, ma anche nei luoghi più popolari e della vita quotidiana, come i circoli anziani o operai, le chiese, i bar, le architetture abbandonate, i monumenti, i giardini, le strade e le piazze.
Gibellina, le alterazioni e il Photoroad
Il tema di questa edizione sono le “alterazioni”, come racconta la direttrice del Festival, Arianna Catania: “La fotografia è ontologicamente un’arte di sperimentazione e lo sguardo comprende la realtà solo nel momento in cui la altera, ampliando a dismisura le sue innumerevoli letture”.
Anche Gibellina Nuova nasce già come ‘alterazione’ di un territorio, distinguendosi dalla “vecchia” che, distrutta dal terremoto del 1968, giace sepolta qualche chilometro più a nord sotto il sudario funebre con cui Alberto Burri la ricoprì negli Anni ’80, per renderla l’opera di Land art più grande d’Europa. Alla ricostruzione contribuirono alcuni tra i più importanti nomi dell’arte e dell’architettura del tempo (Beuys, Consagra, Accardi, Paladino, Schiavocampo, Melotti, Scialoja, Pomodoro, Schifano, Venezia, Purini, Thermes, Quaroni) creando un unicum, con un’idea utopica di città che, ancora oggi, alimenta il dibattito sulle differenze tra città di fondazione e città di ricostruzione dopo un evento traumatico.
In estate convergono a Gibellina, enorme museo a cielo aperto, il Festival delle Orestiadi Teatro e il Festival di fotografia, rendendola una meta imperdibile per i devoti dell’arte. Quest’anno per il Photoroad ci sono 49 artisti provenienti da 11 Paesi europei ed extraeuropei, e diverse mostre dedicate ad alcuni macro-temi di grande attualità: la memoria dei luoghi, l’emergenza climatica, la percezione di se stessi e degli altri.
Le mostre del Photoroad. La memoria dei luoghi è il futuro
Un luogo è anche la sua stratificazione nello spazio, nel tempo, nella memoria di chi lo ha vissuto e tramandato. Toccante, durante l’inaugurazione del festival al MAC, la lettura della lettera del fotografo Mimmo Jodice per voce di sua figlia, a raccontare quanto vissuto nei primi Anni ’80, quando il fotografo immortalò la ricostruzione di Gibellina, ma anche la campagna fotografica a seguito del terremoto in Irpinia, a Napoli. Kensuke Koike, a Palazzo di Lorenzo, scompone in opere tridimensionali pezzi di volti umani che lo spettatore può ricomporre creando installazioni interattive sul concetto di identità. Rossana Taormina, alla Fondazione Orestiadi, ricuce attraverso il filo della memoria alcune fotografie dell’esperienza nelle baraccopoli che ha vissuto da bambina, dopo il terremoto del 1968. Gloria Oyarzabal, al Teatro Consagra, ingigantisce le immagini della rappresentazione teatrale della prima Orestiade di Gibellina andata in scena sul Cretto di Alberto Burri. Jennifer Niederhauser, a Palazzo di Lorenzo, sovrappone singoli elementi scultorei e architettonici di Gibellina da lei fotografati in un collage panoramico nuovo che diventa un’ode poetica per l’utopia che questa città simboleggia, con la sua Stella di Consagra, la sua sfera cupola della Chiesa Madre di Quaroni o la Montagna di sale di Paladino a renderla riconoscibile.
L’Accademia di Palermo, attraverso i giovani studenti di fotografia, getta una nuova luce sulla necessità di trovare un senso dei territori, proprio accettando la loro inevitabile trasformazione.
L’emergenza climatica e la percezione di sé
Tra i temi, anche l’emergenza climatica, con la necessità di creare nuovi patti tra uomo e natura. Smith, dentro agli spazi del Giardino Segreto di Francesco Venezia, riproduce per la serie Anno 2666 delle immagini realizzate con telecamera termica che evidenziano le ondate di calore sprigionate dagli esseri umani, dalle piante, dai minerali, dal sole e dal mare sfumando i confini tra le diverse forme di vita, fantasticando una riconciliazione tra l’uomo e le stelle. Mentre Francesco Zizola, alla Fondazione Orestiadi, racconta la relazione dell’uomo con il mare attraverso foto notturne che rilevano le linee delle reti dei tonnaroti del Mediterraneo che appaiono come incisioni primitive. Foto oniriche e silenziose che lasciano riflettere sull’influenza reciproca tra l’essere umano e i flutti.
Antonello Ferrara negli spazi della Chiesa Madre, racconta attraverso le nuvole, il cielo sopra Priolo, in provincia di Siracusa, sede del petrolchimico più grande d’Europa.
Al Bar Moma, si incontra l’immagine simbolo del festival: due grandi occhi, un dettaglio, la parte per il tutto mostra Francesca Serravalle, frammenti, particolari di albumine, cianotipie, stampe al collodio di cui l’artista ingigantisce i pixel perché sia lo spettatore a ricostruire l’insieme, come educazione allo sguardo.
Al Circolo Operai, associazione Pietro Consagra, Salvatore Di Gregorio immagina l’ipotetica annessione della Sicilia agli Stati Uniti, come si vociferava ai tempi del Bandito Giuliano, per scoprire attraverso un fotoreportage sull’isola che alcune caratteristiche ci rendono meno distanti di quanto si creda e, forse, un po’ colonia lo siamo.
Il gusto di perdersi a Gibellina
E ancora, Luca Massaro e Anna Merci, nel Sistema delle Piazze, luogo metafisico simbolo dello spaesamento delle grandi piazze che hanno sostituito quelle piccole dell’antico paese, installano un lavoro sui “corpi tipografici” in collaborazione con la Triennale di Milano, iscrivendo su alcune strutture essenziali alcune parole chiave della loro residenza sul posto.
Ed Entangled Others alla Fondazione Orestiadi, Jonas Bendiksen all’esterno di Palazzo di Lorenzo, Catherine Leutenegger in Piazza Beuys e Cedric Braccio nella Chiesa Madre (in esterno) riflettono sull’intelligenza artificiale, le fake news, la sovrapproduzione di immagini, l’inquinamento visivo.
Il gusto di perdersi, e di scovare altre mostre, pur con la nutrita selezione che segnaliamo, è poi il diritto di ogni vero viaggiatore, oltre che l’aspetto più disarmante del fascino di Gibellina e della fruizione del Photoroad, che ne riattualizza la vocazione originaria.
Mercedes Autieri
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