Parma e il Novecento negli scatti di Armando Amoretti
Com’è cambiato il volto di Parma durante il XX secolo? Lo raccontano cinquanta fotografie provenienti dall’Archivio Amoretti, in mostra a Palazzo Pigorini
Come organizzare una mostra di una cinquantina di fotografie avendone ottantamila a disposizione? Bisogna darsi dei confini, definire dei percorsi, infine semplicemente compiere delle scelte a mo’ d’esempio. L’esposizione era comunque ben motivata. Il comune di Parma aveva acquisito l’Archivio Amoretti: una giusta scelta svelarne i caratteri essenziali, di memoria, alla città.
Lo Studio Amoretti apre nel 1938, ma Armando (1897 – 1969) aveva iniziato giovanissimo, solo un ragazzino, a lavorare per il fotografo Ettore Pesci. Poi la guerra. E la Libia. Torna in Italia nel 1920 e dà il proprio contributo, studiando sempre, interessato ai progressi della fotografia, nell’atelier di Luigi Vaghi presso cui rimane fino all’anno in cui si rende autonomo, con uno studio tutto per sé. Sono fotografie scattate quando ancora operava presso Vaghi quelle delle Barricate di Parma, 1922, che aprono la mostra presso Palazzo Pigorini.
La mostra sull’Archivio Amoretti a Parma
La prima parte di questa esposizione, Archivio Amoretti, Il volto della città nel secolo breve, Parma 1922 – 1997, curata da Cristina Casero e Andrea Tinterri (che in un’intervista si svela pronipote di Armando) rivela una particolare attenzione, una sensibilità verso i mutamenti storici, attraverso immagini di raduni durante il fascismo, o di una vasta folla per ricordare la Liberazione. L’altro limite, il 1997, è dato dalla data di realizzazione del monumento alle Barricate. Ma la storia è consegnata anche “sociologicamente” per i ritratti in studio, lo sviluppo industriale, il piacere della sfida, la documentazione delle “botteghe”, i luoghi e chi vi lavora in un tutt’uno.
La fotografia e il ritratto della città
Molteplici le funzioni del ritratto in pittura. La fotografia sembra voler assolvere compiti affini divenendo sempre più popolare, come strumento accessibile per la memoria dei tratti di un volto, per eventi significativi, familiari e non solo, matrimoni, inaugurazioni pubbliche. Anche la città, come la persona, ha lineamenti che mutano con il tempo, riconoscibile e nello stesso tempo radicalmente trasformata, tra nuovi stabilimenti e quartieri. A fianco di Armando, a rispondere alle molte richieste, anche di documentazione per eventi sportivi e artistici, i figli Mario e Giovanni. Immagini che tengono conto della committenza, la firma dello studio, una situazione ben distante dall’attuale ai cui estremi abbiamo la fotografia d’autore e il selfie.
L’Archivio Amoretti a Palazzo Pigorini
Funzionali i cartelli che raccontano insieme di Parma, le sue metamorfosi, la Storia, nello stesso tempo vicina e lontana, come per la Guerra Fredda, il bisogno o il piacere di conservare ricordi aiutano a osservazione delle immagini della famiglia Amoretti, dello studio. Tutto così circoscritto? Gli Amoretti e la loro città? Sì e no: perché questo rispecchiarsi in un tempo lungo, diversi decenni, in uno spazio definito, diviene strumento assai prezioso per la storia della fotografia, analizzando l’archivio in sé e, in parallelo, con raccolte affini.
Valeria Ottolenghi
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