L’India contemporanea, vista dai suoi fotografi, è in mostra a Trieste
Il subcontinente è al centro di oltre 500 opere tra foto, video e installazioni, che ne mostrano lo sviluppo esponenziale tra inevitabili contraddizioni e fame di futuro. Nella prima grande mostra europea del suo genere
È una trasformazione radicale quella al centro della mostra India oggi. 17 fotografi dall’Indipendenza ai giorni nostri, che prende su di sé il compito di condurre i visitatori attraverso l’evoluzione del subcontinente da ex colonia finalmente libera a potenza tra le più espansive e competitive al mondo. L’esposizione, aperta dall’11 novembre al 18 febbraio 2024 al Magazzino delle Idee di Trieste e curata da Filippo Maggia, è la prima a raccogliere e a presentare a livello europeo 70 anni di fotografia indiana in un unico grande progetto espositivo, che restituisce un quadro ricchissimo e inedito grazie a oltre 500 opere (tra fotografie, video e installazioni) volte a mostrare lo sviluppo esponenziale di un Paese tra inevitabili contraddizioni e una grande fame di futuro.
L’India vista dai suoi fotografi in mostra a Trieste
L’esposizione, prodotta e organizzata da ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia, permette di vedere il colossale e popolosissimo Stato asiatico attraverso racconti visivi frutto di esperienze, testimonianze e indagini, tracciando un percorso storico-sociale ad ampio spettro che abbraccia i decenni da Gandhi fino ai nostri giorni.
A cogliere i molteplici aspetti di questa evoluzione sono 17 artisti della scena indiana, affermati ed emergenti: sono Kanu Gandhi, Bhupendra Karia, Pablo Bartholomew, Ketaki Sheth, Sheba Chhachhi, Raghu Rai, Sunil Gupta, Anita Khemka, Serena Chopra, Dileep Prakash, Vicky Roy, Amit Madheshiya, Senthil Kumaran Rajendran, Vinit Gupta, Ishan Tanka, Soumya Sankar Bose, Uzma Mohsin. Per rendere ancora più chiaro il lavoro di ricerca ed espressione di ciascun autore in mostra, accanto a ogni singolo corpus di opere c’è un ipad con un’intervista (laddove possibile, in 15 casi su 17) in cui presentano sé e la propria opera.
La mostra India Oggi nelle parole del curatore Filippo Maggia
Come nasce la mostra India Oggi?
Questa mostra nasce da un mio interesse verso l’arte indiana contemporanea risalente a quando ero direttore della Fondazione Fotografia di Modena. Quando vidi la prima fiera d’arte di New Dehli ‘Art Summit’ rimasi molto colpito dai diversi colleghi internazionali – come Hans Ulrich Olbrist –, e capii che in India stava accadendo qualcosa, era l’alba di un movimento che sarebbe esploso. Poi, sin dalla prima edizione, la fiera aveva avuto un successo travolgente, inaspettato anche dagli organizzatori: oggi si chiama ‘Art India’ e in 4 giorni accumula anche 300 mila visitatori.
Come sono stati scelti gli autori in mostra per rappresentare al meglio un Paese così denso e in costante movimento?
Ero rimasto in contatto con diversi artisti e gallerie da quel primo viaggio, e da allora ho scritto più volte dell’India e della sua arte contemporanea e fotografia. Questo mi ha portato a progettare una grande mostra sull’India, che inizialmente doveva ospitare oltre 40 artisti in due sezioni: una prima parte, dal 1947 al 2000, avrebbe mostrato la consapevolezza post-coloniale; e una seconda parte, dal 2000 fino ai nostri giorni, avrebbe mostrato come alla crescita corrispondano tutta una serie di problemi tipici dei Paesi in grande espansione. E nel caso dell’India parliamo di quella che, stando agli analisti, sta per diventare la terza potenza mondiale. Per questioni di disponibilità abbiamo concentrato tutto in una mostra sola, che si apre con gli scatti del nipote del Mahatma, un omaggio all’India dell’indipendenza. Poi ho scelto un fotografo per ogni decennio, e per gli ultimi anni ho scelto artisti che prendessero in considerazione aspetti specifici collegati a diversi volti dell’attualità del Paese.
Gli artisti in mostra ci guidano in una lettura multi-stratificata dell’India: quali i punti salienti di questa visione?
Oltre ai problemi intriseci dati dalla propria storia – come per la diaspora musulmana verso Pakistan e Bangladesh – il Paese vive i problemi tipici del boom economico, come il sovraffollamento, le migrazioni indotte dalle ricerca delle risorse naturali, la convivenza con gli animali che si ritrovano senza habitat naturale. Problemi che riguardano, ciascuno, decine di milioni di persone. O ancora le interazioni tra caste o la questione LGBT+, che vede il Paese riconoscere con il nome di “hijra” un terzo sesso – corrispondente alle persone trans –, secondo una tradizione molto antica. In generale, quella in mostra non è una visione negativa ma critica, riportata in primo luogo dagli artisti contemporanei, che pure sono molto orgogliosi del proprio Paese: l’India sta a tutti gli effetti scalando il mondo, e ne paga inevitabilmente le criticità.
Come si evolvono le prospettive degli artisti, e come si adatta la tecnica a queste scelte?
Sicuramente i lavori dei fotografi che operano alla fine del Secolo scorso appartengono alla vecchia scuola e sono più reportagisti, come quelli del celebre e ormai ottantenne Raghu Rai, che concede molto all’estetica. Gli artisti che oggi hanno tra i 30 e i 45 anni, invece, svolgono la propria ricerca attraverso diversi media, come video, film, installazione o slideshow: c’è un allineamento completo al resto del mondo per l’evoluzione del linguaggio nell’utilizzo dell’immagine. Dopotutto, molti di questi artisti lavorano ed espongono a Basilea, Frieze, Paris+.
Dalle problematiche dell’India rurale e post-coloniale alla nascita del femminismo indiano, dalla crescita delle città e alle migrazioni degli esuli fino ai diritti della comunità LGBT+: quella proposta qui è una raccolta poderosa e onnivora. La mostra punta a diventare un riferimento storiografico, oltre che artistico?
Questa è di fatto la prima grande mostra sull’India contemporanea mai fatta in Europa, non solo in Italia. Sono più di 500 opere, di cui 350 e passa cartacee. Senza alcuna presunzione, penso che possa essere considerato un riferimento, un primo step da cui indagare e monitorare quello che è l’andamento della ricerca artistica in India, guardando soprattutto a questa nuova generazione, molto intelligente e perfettamente integrata nel sistema dell’arte globale. Escludendo nomi troppo noti, sono andato a guardare all’ultimo ventennio scegliendo artisti forti e aggressivi, tutti molto politicamente e socialmente impegnati. Questa è l’India di oggi. Laddove l’Occidente è rimasto indietro nella capacità critica, il Sud del mondo è andato avanti.
Giulia Giaume
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