Non solo ritrattista: la fotografia di Ernst Scheidegger inedita al Masi di Lugano
Ai celebri ritratti di artisti del Novecento eseguiti dal fotografo svizzero, si affianca un nucleo di immagini inedite degli Anni Quaranta e Cinquanta. Il tutto suggellato da una selezione di capolavori della Kunsthaus di Zurigo
La mostra-omaggio che il Masi dedica a Ernst Scheidegger (Rorschach, 1923 – Zurigo, 2016), curata dal direttore del museo Tobia Bezzola e da Taisse Grandi Venturi, risulta coinvolgente grazie ai diversi piani di lettura che s’incrociano e si amplificano a vicenda. Grazie a questa impostazione, il protagonista viene percepito nella sua complessità, ovvero nei diversi “ruoli” che ha giocato all’interno del mondo dell’arte. L’inizio del percorso lo presenta, en passant, come pittore, ma ci si tuffa subito nella sua attività principale, la fotografia. Un ampio nucleo di inediti, scatti realizzati tra il 1945 e il 1955 in Svizzera, Olanda, Italia, Jugoslavia e Cecoslovacchia, fanno scoprire la sua opera “personale”, prima delle commissioni. I soggetti popolari compongono un grande affresco della ricostruzione dopo il conflitto mondiale, tra euforie e malinconie; il taglio estetico rende l’indagine antididascalica, affidandosi a uno sguardo laterale e non a una visione dimostrativa.
Ernst Scheidegger: uno stile austero eppure espressivo
Il nucleo centrale della mostra è poi costituito dagli scatti eseguiti come “ritrattista” di grandi artisti quali Giacometti, Mirò, Dalì, Chagall, Bill, Richier, Le Corbusier – fotografie in molti casi celebri e presenti nella nostra memoria visiva, che hanno contribuito all’immagine che abbiamo della personalità di questi autori e del loro rapporto con la propria opera. Si tratta di ritratti su commissione eppure decisamente originali, dotati di una fortissima introspezione che non passa mai per l’effetto ma rimane asciutta e austera: si ritrova qui l’impostazione dello sguardo che era già presente nelle fotografie giovanili viste poco prima. Ad accompagnare questo secondo filone dell’attività di Scheidegger (che peraltro fu anche fotoreporter della Magnum), ecco il terzo nucleo della mostra: come un lusso, una sontuosa digressione rispetto all’argomento principale, vengono esposte opere degli artisti ritratti da Scheidegger, tutte provenienti dalla Kunsthaus di Zurigo e tutte di grande livello.
Ernst Scheidegger: il rapporto con Giacometti
Ecco, dunque, che l’esposizione diventa anche l’occasione per vedere un piccolo e prezioso Dalì, uno Chagall intensamente colorista, Le Corbusier in veste di pittore, una scultura di Germaine Richier, un ottimo Max Bill accompagnato dai suoi sodali concretisti e molto altro. Ma il “trionfo” della mostra è la sala su Alberto Giacometti, l’artista col quale Scheidegger ebbe il rapporto più intenso. Le opere esposte danno vita a uno sguardo incrociato tra i due: Scheidegger fotografa l’amico, il quale a sua volta lo ritrae – ritratto, quest’ultimo, che ben esemplifica l’impagabile stile pittorico di Giacometti, tuttora sorprendente e “alieno” per forma e struttura. E di Giacometti ci sono anche due sculture di piccola/media dimensione, a simboleggiare lo sconfinato universo plastico di un protagonista del Novecento.
Stefano Castelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati