Napoli è costruita su delle cave meravigliose (e spesso abbandonate). Le racconta un progetto fotografico
Con la serie “Caveat” il fotografo di Napoli racconta lo stato attuale del patrimonio geologico che 12mila anni fa si formò dopo un’eruzione dei Campi Flegrei
Gioca sull’assonanza con “cave” il progetto fotografico di Andrea Martino (Napoli, 1996) intitolato Caveat, locuzione latina che letteralmente significa “stia in guardia”, e dedicato alle Cave del Vallone di San Rocco a Napoli. Queste sono cavità scavate nel tufo giallo – materiale vulcanico formatosi dopo un’eruzione dei Campi Flegrei 12000 anni fa –, da cui è stata costruita la stessa Napoli; tuttavia, negli anni hanno assunto varie funzioni, da rifugio, luogo di lavoro, deposito e discarica. L’artista fotografo nella serie realizzata tra il 2022 e il 2024 intende restituire un ritratto storico e formale di questa giungla urbana, indagandone il valore architettonico, paesaggistico, ambientale e sociale.
“Caveat”. L’opera di Andrea Martino sulle Cave del Vallone di San Rocco a Napoli
A lungo inaccessibili, la cave oggi si presentano come stanze urbane con una propria logica, geometria ed estetica, in cui i pieni e i vuoti della roccia tagliano l’aria e sospendono lo spazio: l’indagine di Martino intende evidenziare che queste cave non sono soltanto un elemento fisico della città, ma parte integrante della storia e cultura partenopea, ormai a rischio di degrado e oblio. L’artista, dunque, invita a considerare queste cave non solo come patrimonio geologico, ma anche come custodi della memoria, da preservare per le generazioni future.
Le Cave del Vallone di San Rocco a Napoli
“Sono le Cave di San Rocco, che per secoli hanno fornito il materiale da costruzione per la città di Napoli. Alcune di queste cave sono enormi e sembrano delle vere e proprie cattedrali sotterranee. Altre sono più piccole e si aprono come ferite nella roccia. Tutte sono collegate da una rete di sentieri e scale che formano un labirinto in cui è facile perdersi”, così racconta il complesso sistema geologico lo scrittore, saggista e poeta italiano Curzio Malaparte (1898 – 1957) in uno dei suoi romanzi. Il Vallone di San Rocco, chiamato anche Vallone Saliscendi, collega il ponte vecchio di San Rocco con la zona dell’attuale Policlinico Nuovo da un lato e ai Ponti Rossi dall’altro lato. La vallata è segnata dal passaggio del fiume Bellaria e il manto stradale in basolato vesuviano è stato installato da quasi due secoli. Abbandonato da oltre 50 anni, il Vallone è un deposito malinconico di autobus dalle linee datate (come testimoniato dalle fotografie di Martino) e di non curanze umane, tra zone franate e tronchi caduti. Nonostante questo, l’area naturalistica riserva incredibili panorami con specie rare di uccelli (come bossoli e cartucce di fucile), volpi, serpenti ed altri animali selvatici.
Caterina Angelucci
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