Francesco Jodice in mostra a Napoli. Quando lo scatto guarda dentro
E non fuori. La fotografia di Francesco Jodice, in mostra presso Casa Di Marino, alletta e irrita occhi e psiche. Una cura d’urto per una società infantilizzata, scatti che uniscono estetica glamour e contundente
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Giochiamo noi o siamo giocati da loro? Osserviamo noi o siamo noi da osservare? L’apparente lucidità di Francesco Jodice (Napoli, 1967) assomiglia sempre più, nella ricerca oltre-fotografica dell’artista, al miele del filosofo Lucrezio attorno alla medicina del vero.
Amare ma terapeutiche, apparentemente accattivanti per curiosità e cromia, le sue visioni nitide e perfette travalicano presto dall’illusorio status di oggetti estetici a quello di dispositivi psichici, concepiti in realtà per ribaltare il focus sulle dinamiche psicopercettive del fruitore.
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La mostra di Francesco Jodice a Napoli
E così, una serie di sottrazioni informative costringono chi guarda a confrontarsi col proprio vissuto emotivo di scoraggiamento, irritazione, o semplicemente passività, innanzi a verità parziali.
In un crescendo allestitivo di complessità, dalle sottrazioni più meccaniche e percettive nella prima sala, con le garze di restauro di Capri. The Diefenbach Chronicles e le omissioni visive di Giza o Come and see, alle paradossali assenze di The Surfers, al coding sostituente immagini di Mi hanno rubato l’automobile, o alle cancellazioni citanti Emilio Isgrò di The Room nella seconda sala.
L’importanza del contesto nella mostra di Francesco Jodice
Il fruitore è lasciato solo a fronteggiare la sua inquietudine, o rassegnazione, davanti all’incomprensibilità, e il contatto intimo con le opere indotto dallo spazio ospitante – una home gallery in cui, in altre sale, incontrare opere da progetti precedenti dell’autore – serve solo ad acuirne l’auto-percezione psicologica.
Maquette non sempre piacevole, ma ad alto tasso di coscientizzazione, delle dinamiche e processi da noi tutti vissuti innanzi alla narrazione mediatica del mondo, la cui complessità, con artate omissioni sottrattive, è pericolosamente banalizzata in giocattolo glamour e social, rischioso come un’arma presa per ludus.
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La fotografia di Francesco Jodice, tra estetica glamour e contundente
Sarà dunque il libero arbitrio di ogni fruitore a scegliere la sua postura, di passiva connivenza o di partecipazione critica, innanzi allo psicodrammatico gioco artistico proposto dall’autore, e sarà solo il suo grado di consapevolezza a decretarne il livello di danno contundente.
Senza farsi confondere dall’accattivante facies delle opere, ora geometrizzante, ora neo-romantica, o di postmoderno citazionismo.
Del resto, è sempre lo scegliere quale buon viso fare al cattivo gioco, a farci decidere se usarne gli strumenti come tali, o se farci da essi reificare in oggetti da macello.
Diana Gianquitto
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