A Firenze mostra di Luisa Lambri: la fotografa che crea architetture di luce
Nelle sue fotografie in mostra da Base, questa fotografa gioca con lo spazio e la luce, creando forme che ricordano da vicino gli ambienti razionalisti del Bauhaus e di Le Corbusier
Una luce in sospensione riempie uno spazio altrimenti vuoto, gioca con le pareti circostanti e crea effetti estetici che il silenzio sembra esaltare. È l’atmosfera trascendente creata nella mostra proposta da Base a Firenze, che vede protagonista la fotografa Luisa Lambri (Como, 1969).
La fotografa Luisa Lambri
Luisa Lambri è una fotografa singolare, che si esprime con leggiadria, privilegiando colori tenui che creano atmosfere di poetica intimità. L’artista si sofferma spesso su dettagli ambientali che, come segreti svelati, si presentano allo sguardo dell’osservatore con una rinnovata energia estetica, capace di costruire una nuova narrazione dello spazio circostante.
Lo spazio secondo Luisa Lambri
Come di consueto, anche a Firenze l’architettura è un mezzo per creare nuove soluzioni figurative,Analizzando lo spazio, Lambri riflette sulla condizione umana, in termini di rapporto con esso e di “politica della rappresentazione”. La fotografia è per lei mezzo di indagine dello spazio architettonico, ma in termini di astrazione e di superamento. Infatti, attraverso i giochi di luce nascono nuove architetture che ricordano il razionalismo del Bauhaus o di Le Corbusier, e persino la pittura geometrica di De Stijl, di modo che il risultato finale sia una sovrapposizione di spazi.
Trascendenza e spiritualità nelle foto di Luisa Lambri
Negli spazi creati da Lambri, la presenza umana è suggerita a livello emotivo, come se avesse lasciato traccia di un recentissimo passaggio e se il pulviscolo sollevato fosse ancora sospeso nell’aria. Il tutto evoca un’atmosfera di trascendenza e spiritualità. Catturati dall’obbiettivo di Lambri, gli edifici diventano luoghi di iconica intimità. Diventano spazi da esplorare con la mente, prima ancora che con lo sguardo, lasciandosi guidare dal silenzio che li avvolge (e che la carta fotografica sembra rievocare) e dall’ammiccare di singoli particolari e dettagli strutturali. Una metafora del piccolo che diventa immenso.
Niccolò Lucarelli
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