Il viaggio fotografico reale e immaginario di Luigi Ghirri arriverà in mostra a Lugano
Tra scatti più noti e altri meno conosciuti il progetto presenta oltre 140 fotografie a colori in una riflessione giocosa, poetica e profonda sul viaggio attraverso il mezzo fotografico
Si è ispirato al viaggio fin dai suoi primi progetti Luigi Ghirri (Scandiano, 1943 – Reggio Emilia, 1992), sia come concetto sia come fonte di immagini, da quelle che egli stesso definiva “avventure minime” nei dintorni della sua Emilia alle mete più turistiche, a cui affiancava tutta una serie di fotografie di mappe, atlanti, cartoline e pubblicità. E come il celebre fotografo attraverso il suo obiettivo riuscisse a inquadrare e condizionare l’esperienza di un luogo lo racconta la mostra Luigi Ghirri. Viaggi, fotografie 1970 – 1991, in programma al MASI di Lugano dall’8 settembre 2024 al 26 gennaio 2025.
Luigi Ghirri e il viaggio attraverso la fotografia
L’esposizione, a cura di James Lingwood e presentata a poco più di trent’anni dalla prematura scomparsa di Ghirri, racconta la fascinazione del fotografo per il viaggio, sia reale sia immaginario, con una selezione di oltre 140 opere a colori, per lo più stampe vintage degli Anni Settanta e Ottanta, grazie alla collaborazione degli Eredi di Luigi Ghirri e dello CSAC di Parma. Attraverso una riflessione giocosa, poetica e profonda, Luigi Ghirri. Viaggi, fotografie 1970 – 1991 si sviluppa mediante un allestimento fluido, in cui il visitatore è invitato a fruire liberamente di connessioni tra pensieri e immagini e pause. “È una scelta, questa, in cui risuona l’approccio di Ghirri verso un’opera fotografica concepita come viaggio che continua oltre la singola fotografia e richiede il ruolo critico e l’interpretazione di chi la osserva. Terminata la visita, l’invito è quindi a percorrere l’itinerario della mostra anche a ritroso”, racconta Lingwood.
Luigi Ghirri al MASI di Lugano. La mostra
Sono i cosiddetti “paesaggi di cartone”, ossia quelle fotografie scattate a manifesti e cartoline trovate nei primi brevi viaggi all’inizio degli Anni Settanta nelle città dell’Emilia Romagna o in Svizzera, ad aprire il percorso espositivo, dando prova di come dei cartelloni pubblicitari possano “trasportare un’esotica cascata tra le montagne svizzere o un panorama alpino a Reggio Emilia o, ancora, un mare scintillante a Modena”, continua il curatore. Ghirri nel 1979 scriveva che la realtà si stava trasformando sempre più in una colossale fotografia e che il fotomontaggio era già nel mondo reale, intuendo con un’analisi precorritrice il rischio di uno svuotamento di senso, “una strana forma di depauperazione sensoriale” legata all’iperproduzione di immagini. E la fascinazione di Ghirri per le duplicazioni e le moltiplicazioni della realtà trova espressione nella celebre serie In Scala, in cui il fotografo ritrae le città e i paesaggi del parco a tema Italia in Miniatura di Viserba: “Alla profondità di un nitido pensiero critico Ghirri associava l’attrazione verso i luoghi che esemplificano le complesse relazioni della fotografia con la realtà, dalle Dolomiti al Grattacielo Pirelli e la Basilica di San Pietro a Roma”.
Luigi Ghirri al MASI di Lugano. La cultura dei luoghi e delle immagini
In mostra anche la serie Atlante del 1973 con i dettagli ravvicinati di mappe che Luigi Ghirri sceglieva direttamente dal “luogo” che per lui descrive tutti i viaggi possibili, mentre dagli Anni Ottanta il fotografo realizza diversi servizi per enti turistici e per il Touring Club Italiano. Destinati a un vasto pubblico, questi lavori combinano le immagini stereotipate del genere divulgativo con altre più insolite e “artistiche”: “Se le fotografie ‘di viaggio’ di Ghirri sembrano talvolta affini alle foto scattate dai turisti, sono tuttavia sempre diverse. Non mira a creare una raccolta di momenti memorabili, né a sottolineare la bellezza o l’importanza di un luogo, ma a costruire un quadro riflessivo di una cultura definita e modellata dalle immagini e dalla loro creazione”, conclude James Lingwood.
Caterina Angelucci
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