Tra visioni perturbanti e gothic revival. Intervista a Marta Blue

Rose che perforano la carne, ventri abitati da serpenti, stregherie. Le opere disturbanti di Marta Blue sono in mostra da FIUTO Art Space e una di queste compare sulla cover del nuovo Artribune Magazine. Ne parliamo con lei

Sulla cover del numero 80 di Artribune Magazine compare un’opera di Marta Blue, fotografa e creative director il cui lavoro ha conquistato le copertine delle più importanti riviste internazionali (persino l’ambitissimo New York Times). In occasione della sua mostra personale da FIUTO Art Space in provincia di Ascoli Piceno, non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di chiacchierare con lei della sua pratica e della sua estetica tanto peculiare quanto disturbante. 

Marta Blue, Dust, 2022, dalla serie Dark Ages
Marta Blue, Dust, 2022, dalla serie Dark Ages

Intervista a Marta Blue 

Iniziamo dalla cover del nuovo Artribune Magazine: in questo numero si parla di corpi non conformi e canoni di bellezza. Nella tua foto, la simmetria labbra (simbolo universale di attrattività) è interrotta da una profonda cicatrice obliqua. Ci racconti la genesi di questo lavoro?  
Questa foto è nata principalmente come simbolo di resilienza. La cicatrice potrebbe essere associata ad un senso di vulnerabilità e imperfezione, ma ho scelto di conferirle una connotazione più affine ad un forte senso di identità. Negli ultimi anni, mi sono dedicata all’esplorazione della mia mente attraverso sedute di ipnosi regressiva. Parte del mio lavoro tratta la teoria del trauma trans-generazionale, che si basa sul concetto di inconscio collettivo elaborato da Jung. Mi sto dedicando ad un’analisi approfondita per comprendere la natura e le origini di alcuni traumi, e il motivo per cui questi ultimi spesso emergano come ricordi distorti e parziali. Questo processo di esplorazione mi aiuta a comprendere se le mie attuali sensazioni siano il risultato di esperienze personali, derivate da educazione familiare o influenze ambientali, o se siano eredità emotive e psicologiche che ho assorbito senza esserne completamente consapevole. Questa immagine rappresenta uno dei primi risultati di questo esperimento.  

Il corpo è un tema che esplori in molte tue opere, spesso sottolineandone lati disturbanti: ventri attraversati dallo stelo di una rosa, chiavi che sembrano intrappolate tra lo sterno e la pelle, spire di serpenti che abitano un ventre. Che ruolo ha per te il perturbante?  
Il perturbante è una sorta di premonizione. È qualcosa di estremamente intimo e familiare che rimane sopito nella memoria fino ad un certo punto. È il momento esatto in cui qualcosa di nascosto, spesso doloroso e inquietante, sta per riemergere violentemente. Il perturbante ha un ruolo centrale nella mia produzione e io tendo a rappresentare proprio questo specifico istante: quando riesci a percepire che c’è qualcosa sotto la superficie, ma non sai esattamente cosa stia per accadere.  

In un mondo saturo di rappresentazione dell’orrore reale, l’arte ha ancora il potere di scandalizzare?  
Sì, l’arte ha ancora questo potere, e dal mio punto di vista l’arte ci offre una visione unica ed estremamente individuale della società. Io stessa ricorro all’uso di simbologie e combinazioni estetiche per comunicare tendenze attuali e pensieri socialmente specifici, e questo spesso provoca reazioni emotivamente molto forti, anche se lo stesso “orrore” viene raccontato dai media. Ritengo inoltre che il percorso personale e il contesto culturale di chi osserva siano assolutamente rilevanti nel modo in cui un’opera d’arte viene percepita. L’arte ha ancora il potere di scandalizzare attraverso la sua individualità, anche in un mondo dove l’orrore reale è costantemente presente, e ciò che riesce a scandalizzare è, a mio avviso, sempre estremamente potente sulle masse. 

Marta Blue, Forget Me Not, 2023, dalla serie Anatomy of Evil
Marta Blue, Forget Me Not, 2023, dalla serie Anatomy of Evil

La pratica artistica di Marta Blue 

Raccontaci il tuo processo creativo, dall’idea alla versione definitiva.  
Quando si parla di processo creativo, si tende a pensare che tutto nasca prima dall’idea. Per me, invece, è nel processo creativo che si racchiude imprescindibilmente una visione. È davvero molto raro che un concetto nasca in maniera spontanea e totalmente disconnessa dalla realtà. L’idea nasce da qualcosa che già sto vivendo e, quando riesco ad individuarla, mi concentro sullo sviluppo della stessa. A causa dei temi che tratto, spesso il processo creativo si fonde con la mia vita e con le mie abitudini: tendo a frequentare il minor numero possibile di persone, passo più tempo libero da sola e, banalmente, cambiano anche la mia alimentazione, la musica che ascolto e ciò che scelgo accuratamente di leggere. Durante il processo creativo sono altamente influenzabile, e questo modus operandi mi dà la possibilità di mantenere un alto livello di concentrazione per il periodo necessario. Quando riesco a immedesimarmi completamente in questa vibrazione e in ciò che voglio comunicare, ho già la mia versione definitiva della storia.  

In alcuni tuoi lavori noto un interesse nei confronti dell’estetica puritana, veicolato principalmente dal vestiario (colletti in pizzo, cuffie per i capelli). Perché?  
Affrontando temi piuttosto delicati ho la necessità di “ingabbiare” una specifica sensazione attraverso i dettagli. Nel tempo ho cercato di rievocare un particolare periodo storico in cui alcuni processi di vita quotidiana erano certamente ed estremamente rigorosi, ma dal mio punto di vista l’estetica si trasforma inevitabilmente in concetto. Tuttavia, fatico io stessa ad etichettarla come estetica puritana, principalmente perché si pone l’attenzione su un problema specifico correndo il rischio di dare una definizione molto rigida e troppo determinante ai fini dell’opera stessa.  

Pensi che oggi l’estetica gothic sia in un periodo di revival? Se sì, quali sono i motivi a tuo avviso?  
Credo che alla base ci sia un certo senso di nostalgia, specialmente per le nuove generazioni, dove sentirsi connessi a un immaginario passato “non vissuto” così dark e oscuro può, in modo sorprendente, provocare un forte senso di appartenenza. Per me, l’estetica goth rappresenta uno stile ben definito, che può persino diventare una peculiarità distintiva: non riguarda esclusivamente la moda o la musica, ma costituisce una vera e propria espressione di identità. Se non ci limitiamo agli Anni Novanta, possiamo fare un salto fino al XII secolo, dove l’arte, essendo strettamente legata alla spiritualità e alla morte, ha portato lo stile gothic ad una singolare evoluzione verso tematiche sempre più oscure e macabre. Quindi sì, penso che l’estetica gothic sia in una fase di assoluto revival, soprattutto per via di tematiche più universali e senza tempo, particolarmente rilevanti in questo periodo storico, dove la ricerca di autenticità è strettamente connessa al senso di appartenenza.  

I riconoscimenti all’estero e la mostra in Italia 

Il tuo lavoro è molto apprezzato in Italia e all’estero: tra i traguardi che hai raggiunto ci sono le collaborazioni con testate come il New York Times e Vogue. Qual è il tuo più grande successo fin ora?  
Vorrei sicuramente menzionare la cover story We Have Been Misled About Menopause, realizzata per il New York Times lo scorso anno insieme a Kathy Ryan. Questa è stata la mia prima cover su una testata internazionale, e ne sono particolarmente orgogliosa non solo per l’importanza del progetto ma anche per l’esperienza straordinaria che ha rappresentato per me. Essere coinvolta in questo lavoro mi ha offerto l’opportunità unica di iniziare a collaborare con persone estremamente competenti e creative; ha avuto un impatto personale profondo, poiché ha segnato un importante traguardo nella mia carriera e ha confermato la mia dedizione per lo storytelling su temi altamente complessi e socialmente rilevanti.  

Attualmente è possibile vedere i tuoi lavori presso FIUTO Art Space a Ripatransone (AP), nella mostra curata da Alex Urso e intitolata Summer of Fear. Com’è nata l’idea di questa mostra?  
La mostra è nata su richiesta di Alex Urso, artista e curatore di FIUTO Art Space, piccola ma ambiziosa realtà in provincia di Ascoli Piceno. La galleria ha sede nel borgo di Ripatransone, in un contesto paesaggistico splendido ma indubbiamente distante dai grandi centri culturali del Paese. Anche per queste ragioni mi sono lasciata conquistare dal coraggio di Alex, accettando la sua sfida.  
La mostra, dal titolo Summer of Fear – in corso fino al 6 ottobre – presenta una selezione diversificata di opere: si tratta di immagini, parte delle quali inedite, incluse in alcune delle serie più rappresentative della mia produzione recente. Portare le mie foto in un contesto disabituato al contemporaneo è stata una bella sfida, sia per me che per la galleria.  

Il titolo è curioso: cosa ti fa paura dell’estate? 
Summer of Fear non rappresenta la paura di qualcosa, bensì un’epifania. L’epifania di qualcosa di spaventoso ma pur sempre una rivelazione. Immagina un’estate che all’apparenza è destinata a essere come tutte le altre: calda, luminosa, vivace. Tuttavia, durante questa stagione, una serie di eventi portano alla luce verità terribili, che sconvolgono il tuo senso di sicurezza e normalità. Invece di limitarsi ad una semplice sensazione di paura, questo periodo diventa un momento di cruciale illuminazione. La paura, in questo contesto, non è l’obiettivo finale ma un catalizzatore per una trasformazione più profonda. Summer of Fear diventa quindi non solo un periodo di angoscia, ma un’occasione per confrontarsi con realtà nascoste e per riemergere con una nuova visione, come se l’orrore rivelato aprisse la porta a una nuova forma di chiarezza.  

Qualche spoiler sui prossimi progetti?  
Per il momento Summer of Fear è il principale progetto personale in corso di cui posso parlare, posso solo dire che sono in fase di scripting per qualcosa di davvero speciale. 

Alberto Villa 

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Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, si occupa di critica e curatela d'arte contemporanea. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di Josef Albers e attualmente frequenta…

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