A Ravenna una mostra per riflettere sull’immagine femminile negli ultimi 50 anni e su come è cambiata
Le donne e il loro corpo sono al centro di un percorso che, a partire dalla Collezione Donata Pizzi, intreccia un dialogo tra diverse generazioni di artiste e fotografe. Con scatti delle grandi Lisetta Carmi e Tomaso Binga
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Com’è cambiata l’immagine e la presenza delle donne nella società negli ultimi cinquant’anni? Questa la domanda a cui si propone di rispondere la mostra FOTOGRAFIA E FEMMINISMI. Storie e immagini dalla Collezione Donata Pizzi, a cura di Federica Muzzarelli. Attraverso il confronto tra le opere di diverse generazioni di fotografe e artiste, la mostra aperta a Ravenna intende ripercorrere i cambiamenti intervenuti nel ruolo e nella percezione delle donne nel panorama italiano dal secondo dopoguerra a oggi. Un periodo relativamente recente ma rivoluzionario: basti pensare che solo il ventennio tra il 1970 e il 1981 è stato segnato da conquiste come l’approvazione del divorzio (1970), la legge 194 (1978) e l’abrogazione del delitto d’onore (981).
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“Fotografia e femminismi” un percorso in itinere
Come emerge dalla mostra, se ieri il percorso di affermazione femminile andava avanti anche grazie alla ricerca di artiste e fotografe come Liliana Barchiesi, Lisetta Carmi, Lucia Marcucci, Paola Mattioli e Tomaso Binga, oggi prosegue con l’opera di nuove colleghe, tra cui Martina Della Valle, Giulia Iacolutti, Moira Ricci, Alessandra Spranzi e Alba Zari. Artiste. Le loro opere, seppur con linguaggi, poetiche e medium diversi, mettono in evidenza come il messaggio femminista abbia nella sua sostanza un valore universale, che supera i confini temporali e geografici. E lo dimostra il fatto che, sia ieri che oggi, il corpo sia sempre lo strumento centrale attraverso cui le artiste e le fotografe, ambasciatrici di un’umanità diffusa, affermano la loro (e la nostra) identità di donna.
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Il corpo al centro di “Fotografia e femminismi”
Per l’appunto, il corpo è al centro della mostra collettiva che, in un percorso articolato in quattro nuclei tematici – Album di famiglia, Identità di genere, Stereotipi e spazi domestici, Ruoli e censure sociali –, indaga la persistenza dell’eredità culturale e, allo stesso tempo, lo sviluppo dell’immagine femminile. Come ha osservato la curatrice, Federica Muzzarelli, professoressa di Storia della Fotografia all’Università di Bologna ed esperta del tema, “a volte un ostacolo, a volte uno strumento, quasi sempre un pregiudizio: con il loro corpo le donne hanno anzitutto dovuto fare i conti, negoziando le necessità e i desideri ora con la storia, ora con la filosofia, con la religione e con la politica. Fuori e dentro le case, intrecciando e influenzando rapporti famigliari e professionali. Delle necessità e dei desideri delle donne la fotografia ha accompagnato gli sviluppi nell’epoca delle immagini tecnologiche, e ancora oggi ne racconta le contraddizioni”.
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“Fotografia e femminismi” un racconto nel racconto: la Collezione Donata Pizzi
La mostra, visitabile fino al 15 dicembre alla Fondazione Sabe per l’arte da cui è promossa, acquista ulteriore valore per il suo essere un racconto nel racconto. Come indica il titolo, in FOTOGRAFIA E FEMMINISMI. Storie e immagini dalla Collezione Donata Pizzi, il corpus di opere è stato assemblato a partire dall’importante Collezione di Donata Pizzi che da anni, con una visione a dir poco lungimirante, ha valorizzato l’attività di artiste e fotografe italiane creando una raccolta che oggi rappresenta un notevole patrimonio storico, artistico e culturale. “Sono diverse ma semplici le ragioni che mi hanno motivata a raccogliere i lavori delle fotografe italiane dagli Anni Sessanta ad oggi, la prima delle quali è che sono stata io stessa una fotografa e quindi conosco da vicino tutte le difficoltà di una professione tradizionalmente riservata agli uomini, ma anche l’originalità e la varietà dei contenuti nei lavori delle fotografe donne”, ha commentato ad Artribune Donata Pizzi.
Il percorso espositivo si completa con una selezione di pubblicazioni e cataloghi che tracciano la storia espositiva e progettuale della Collezione Donata Pizzi, insieme a una riproduzione anastatica di alcune maquette dell’iconico volume collettivo femminista Ci vediamo mercoledì. Gli altri giorni ci immaginiamo (1978).
Ludovica Palmieri
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