A Palazzo Morando la Vecchia Milano rivive nelle fotografie eterne di Carlo Orsi
Dal mitico vigile vestito di bianco che aspetta il metrò, alla Madonnina dispersa in un mare di nebbia. 140 scatti originali in una mostra-omaggio alla carriera del grande fotografo e alla sua città, Milano
A tre anni dalla sua morte, Palazzo Morando rende omaggio a uno dei grandi nomi della fotografia italiana del Novecento, legato a Milano dall’inizio alla fine della sua vita. Nato proprio nel cuore del quartiere di Brera nel 1941, Carlo Orsi (Milano, 1941-2021) immortalò la città e i suoi abitanti nella rinascita del Secondo Dopoguerra. E non solo. Alle soglie del nuovo Millennio, fondando la rivista Città, proseguì nella sua rilettura, chiamando a collaborare anche altre voci, altri fotografi e uomini di cultura. Un amore profondo, quello di Orsi per Milano, che la mostra allestita in Via S. Andrea – proprio nel cuore del centro meneghino – si impegna a rievocare e trasmettere al pubblico. E non finisce qui: le 140 immagini esposte fanno da testimoni anche del mondo dello spettacolo, della moda e della pubblicità degli ultimi decenni, nonché dei reportage da lui realizzati nel corso degli anni. Un percorso ricco, che commuove i milanesi di ieri, e incuriosisce quelli di domani.
Per punti
Carlo Orsi: l’artigiano della fotografia milanese
Più che un artista, più che un fotografo, Carlo Orsi si definiva un artigiano. Brera era la sua patria per destino e per scelta: lì era nato nel ‘41, ai tavoli dell’epico Bar Jamaica si era speso in discorsi e progetti a fianco degli altri membri del mondo culturale milanese dell’epoca.
Si fece le ossa come cronista del Corriere della Sera; poi divenne assistente di Ugo Mulas. Le sue Leica cominciarono presto a fare da lenti con cui catturare la vita di Milano: i suoi edifici, gli abitanti – stereotipi di mestieri che ancora oggi conservano il loro fascino – e le nebbie. Quegli oceani di bianco che ormai, almeno in Piazza del Duomo, non esistono più.
Orsi lavorò poi nel mondo della moda e della pubblicità, autore di celebri campagne e servizi: OMSA, Swatch, Cassina… e molte altre.
Negli Anni Sessanta si allontanò dalla sua Milano, per recarsi lontano, nei luoghi più difficili e disagiati del mondo. Cina, Bangladesh, Tibet, Uganda e Bolivia: la sua macchina fotografica al servizio delle voci dimenticate, comparse come reportage sulle riviste più importanti dell’epoca. In parallelo all’attività espositiva – la sua prima mostra del ‘68 allestita da Mario Botta – declinò il suo lavoro più artistico in due volumi fotografici. Un primo pubblicato nel 1965 con i testi di Dino Buzzati, l’altro del 2015 scritto da Aldo Nove.
Una delle sue ultime fatiche fu la rivista Città, fondata nel 1997, insieme alla moglie e al suo circolo di amici. Il “sigillo” della devozione di Orsi per Milano, pubblicata fino al 2003, per poi ricominciare dopo il 2019.
Carlo Orsi e la “sua” città di Milano
Come la mostra a Palazzo Morando lascia intendere fin dal titolo, Miracolia Milano, parlare di Carlo Orsi significa inevitabilmente parlare di lei. Milano. La città del Pirellone – protagonista di innumerevoli suoi scatti – ma anche la patria delle grandi nebbie, nonché della schiscetta (il contenitore di latta originale) ad accompagnare i pranzi dei lavoratori milanesi. La fotografia diventa con lui il mezzo ideale per raccontare l’evoluzione di questa metropoli colta prima nel dramma della ricostruzione, e poi nella sua ascesa alla modernità. L’idea narrativa di Orsi, cominciata con la pubblicazione del primo volume con Dino Buzzati, si evolve nella rivista Città. Teatro, quest’ultima, in cui indagare Milano sotto vari punti di vista tematici. Cultura, lavoro, università… tutte le sfumature che – sommate – ne costituiscono ancora oggi la sua identità.
La mostra di Carlo Orsi a Palazzo Morando a Milano
L’evento espositivo offre al pubblico una grande occasione di scoperta e rievocazione. 140 immagini: stampe di grande qualità, provenienti dall’archivio dell’artista, che riaccendono una poetica nostalgia del Secondo Novecento. Quattro ricche sezioni, che cominciano con Milano, per poi spostarsi su focus tematici relativi al lavoro di moda e pubblicità, ai ritratti e ai reportage di Carlo Orsi.
Milano negli scatti di Carlo Orsi
Già a lungo abbiamo evidenziato il legame tra il fotografo e la sua città natale. Legame che emerge nella prima sezione dell’esposizione, così ricca di intramontabili icone milanesi. Tra tutte, per primo va citato il ghisa – il vigile urbano vestito di bianco – curiosamente poggiato alla banchina, in attesa che passi il metrò. Ricorrente è poi il Velodromo Vigorelli, ora popolato da “cavalli fantasma” che trottano nella nebbia, ora teatro di un indimenticabile concerto dei Beatles. E non potrebbe mancare Piazza Duomo: le guglie che svettano sopra la coltre di bianco, i piccioni colti in un istante poetico sul pavimento che pare una tela bianca.
“Milano”, nel Secondo Novecento, significava però anche grande lavoro e impegno per ricostruire quanto distrutto. La città immortalata da Orsi è dunque anche quella degli umili bottegai che aggiustano giocattoli rotti, degli operai in fabbrica, degli osti del quartiere Ortica. E persino della platea di uomini di Borsa colti nel pieno delle contrattazioni.
Moda e Pubblicità secondo Carlo Orsi
Mettendo da parte Milano, si volta pagina con il lavoro di Carlo Orsi nel settore della moda e della pubblicità. In esposizione sono raccolte molte delle immagini tratte dalle sue celebri campagne. Ecco le modelle in abiti ormai squisitamente vintage, catturate in pose ammiccanti e sensuali. Oppure i gioielli, impressi con primi piani originali e dal ricco bianco e nero contrastato. Seguono a ruota i grandi marchi con cui il fotografo ha collaborato: OMSA, Swatch, La Perla, Ducati, Philip Morris, Castellani e Smith, e non solo.
I Ritratti e i Reportage di Carlo Orsi
E arriviamo alle altre due tappe della mostra non ancora raccontate. Quelle che da un lato ritraggono il mondo della cultura e dello spettacolo di qualche decennio fa – molti protagonisti li si vede in giro ancora oggi, certo più “attempati” – e dall’altro escono dai confini italiani. Chi possiamo incontrare? Intanto gli artisti, tra cui spiccano Pomodoro e Kounellis. Poi ci sono i volti dello spettacolo, da un’iconica Mina in abito lungo a una giovanissima Luciana Littizzetto. Completano la rassegna anche i volti di alcuni politici e sportivi.
Per quel che riguarda invece i reportage, colpiscono gli sguardi profondi e gli occhi curiosi dei bambini colti da Orsi nei suoi viaggi lontano. Colpisce anche – e forse ancor di più per la vicinanza geografica al nostro quotidiano – il servizio sulla caduta del Muro di Berlino. L’impatto è aumentato da un pezzo di parete, simbolicamente esposto in una teca.
Emma Sedini
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