Storia, magia e simboli nelle fotografie di Nidaa Badwan in mostra a Macerata
Vincitrice della settima edizione del Premio Pannaggi/Nuova Generazione 2024, l'artista palestinese è protagonista di una grande mostra a Palazzo Buonaccorsi con scatti da cui emergono i fasti e le memorie del passato
Teatrali e immaginifici: così potremmo definire gli scatti di Nidaa Badwan (Abu Dhabi, 1987), l’artista palestinese che attraverso la fotografia interpreta e racconta il mondo che la circonda. Premiata nel 2016 con il Sovereign Middle East & North Africa Art Prize, dedicato ai 30 migliori artisti del mondo arabo, nel 2024 Badwan si è aggiudicata anche la settima edizione del Premio Pannaggi/Nuova Generazione, ideato dall’Associazione Amici di Palazzo Buonaccorsi, a Macerata, dove l’artista vive ormai da dieci anni. In occasione di questo riconoscimento, Badwan sarà protagonista di The Saving Light, la mostra ospitata negli spazi dei Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi a Macerata (dal 28 novembre al 30 marzo 2025) a cura di Paola Ballesi.
La mostra The Saving Light di Nidaa Badwan a Palazzo Buonaccorsi
La mostra si compone di fotografie site specific che l’artista ha realizzato proprio immaginando un dialogo con Palazzo Buonaccorsi, che lei stessa definisce “un luogo dello spirito, impregnato di vicende personali, storia, magia e simboli”: in questi scatti emerge la componente teatrale del lavoro di Badwan, un personale punto di vista con cui interpretare il reale e una mise en scène attraverso la quale si dischiude il segreto del mondo che ci circonda. Nelle sale del Palazzo si susseguono immagini che fanno rivivere i fasti dei tempi che furono e dei racconti qui conservati, in un perfetto equilibrio tra memoria e modernità.
La luce nelle fotografie di Nidaa Badwan
La luce, spirituale e salvifica, è protagonista di altre serie realizzate negli anni da Nidaa Badwan, tra cui: Rinascita, il ciclo realizzato nel 2024 nel quale la luce è protagonista assoluta; Oscure notti dell’anima, in cui l’artista si rappresenta come un angelo caduto per poter volare lontano dall’oscurità e trascendere la sua natura umana; e infine Cento giorni di solitudine, del 2016, il lavoro che ha portato l’artista alla notorietà. Questo è il racconto di un esilio volontario volto a denunciare gli abusi del potere, una lotta pacifica e silenziosa che trae la sua forza dai colori saturi e dalla luce catturata negli scatti.
La mostra nelle parole della curatrice Paola Ballesi
“La sua produzione fotografica è in continua evoluzione e le sue opere hanno girato e attualmente stanno girando il mondo con progetti mirati che rendono omaggio alla cultura italiana, mentre altri di carattere introspettivo e psicologico diventano potenti dispositivi di prospezione per penetrare nel fondo dell’animo umano”,spiega la curatrice della mostra Paola Ballesi. “Ma al di là dei vari temi affrontati, la sua ricerca attraverso il mezzo fotografico presenta una costante stilistica inequivocabile che rende unico e inconfondibile il suo linguaggio: la rappresentazione del corpo come teatro”.
Valentina Muzi
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