La fotografia di moda si concentra sui “micro-momenti”. Ecco cosa sono

La moda è passata dai set lussuosi alle ambientazioni quotidiane. È un genere di fotografia devoto ai micro-momenti. Ma cosa sono?

Moda e fotografia hanno intessuto rapporti di reciproca dipendenza nel corso della storia, stabilendo una connessione non verbale eppure straordinariamente eloquente. Ogni scatto apre al dialogo senza luso della parola e, in uno stato di contemplazione visiva, cerca di evocare mondi immaginari fatti di abiti e accessori. 

L’evoluzione della fotografia di moda: dall’essenziale al glamour 

Fin dai primi scatti pubblicati agli inizi del Novecento sulle principali riviste di moda, l’obiettivo era mettere in risalto l’oggetto, spesso privato di una precisa ambientazione. Le illustrazioni cedettero il passo a fotografie semplici, ma di maggiore impatto, grazie alle pose formali delle modelle, studiate per esaltare i dettagli dei prodotti. Tuttavia, fotografi come Edward Steichen e Cecil Beaton, riuscirono a portare sui set un tocco di teatralità, introducendo un senso di glamour e lusso senza precedenti. Quelle immagini riflettevano lo stile di vita sfarzoso degli Anni Trenta e Quaranta, intrisi di perfezione e raffinatezza. Dopo una battuta d’arresto durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Anni Cinquanta e Sessanta riportarono il glamour al centro della scena, elevandolo alla sua massima espressione. L’iperfemminilità incarnata da Marilyn MonroeElizabeth Taylor e Brigitte Bardot trasformò radicalmente l’immaginario collettivo delladonna, rendendolo più sensuale e carnale. Richard Avedon e Irving Penn, ad esempio, crearono immagini iconiche. E fu in quel momento che il sodalizio tra moda e fotografia raggiunse il suo apice: la macchina fotografica divenne uno strumento fondamentale per diffondere e monetizzare il grande sogno della moda. 

Audrey Hepburn. Photo Avedon
Audrey Hepburn. Photo Avedon

Le supermodel nella fotografia di moda 

In un settore incentrato sull’immagine, il successo di un brand dipendeva dalla capacità del fotografo di interpretare e tradurre temi, motivi e suggestioni, ancorando la moda alla sua irresistibile capacità di sedurre. Se gli Anni Sessanta e Settanta uscirono dagli studi fotografici abbandonando gli scatti formali, gli Anni Ottanta e Novanta entrarono nella dimensione di un lusso esagerato. Lo sfoggio sfrenato ricopriva di oro e ricchezza ogni strato, visibile e nascosto, della moda: le riviste erano patinate, i servizi fotografici impeccabili e le modelle divine. Naomi Campbell, Cindy Crawford e Linda Evangelista inaugurarono l’era delle supermodel, un termine coniato dal pubblicista americano Clyde Dessner negli Anni Quaranta, ma che trovò la sua piena affermazione solo verso la fine del secolo per descrivere un fenomeno così significativo. Stilisti e brand presto compresero che associarsi a una fashion icon di tale grandiosità consolidava la loro immagine, perché capace di catturare l’attenzione anche nelle ambientazioni più opulente, dove scenografie e abiti rappresentavano uno stile di vita aspirazionale e spesso irraggiungibile. L’estetica cambiò persino per gli uomini, mettendo in discussione la naturalezza con cui le icone si presentavano al grande pubblico. La ricerca di una bellezza perfetta comportava il ricorso a sport intenso, diete drastiche e interventi chirurgici. Se moda e fotografia fungevano da specchio di una società in evoluzione, in quegli anni lo stereotipo di bellezza irraggiungibile e statuaria richiedeva la produzione di scatti studiati nei minimi dettagli. Che fosse il bianco e nero raffinato di Patrick Demarchelier o lo storytelling cinematografico di Peter Lindbergh, ogni opera trasudava perfezione nei soggetti, nelle ambientazioni e nelle emozioni evocate. 

Irving Penn. Photo Leo Reynolds
Irving Penn. Photo Leo Reynolds

I canoni estetici nell’era dei social 

La globalizzazione e l’influenza della cultura pop, emerse con il nuovo millennio, hanno favorito una maggiore inclusività e una rappresentazione più variegata della bellezza, superando l’ideale univoco del glamour occidentale. La nascita dei blog di moda e di street style ha trasformato radicalmente la fotografia di moda, spostando l’attenzione dalla perfezione degli editoriali tradizionali a un’estetica più autentica e accessibile. Fotografi come Scott Schuman del blog The Sartorialist e Tommy Ton di Style.com hanno iniziato a catturare persone reali nella loro quotidianità, celebrando uno stile spontaneo. Contemporaneamente, sulle riviste patinate, trovavano sempre più spazio scatti semplici e intimi. Paolo Roversi, con i suoi ritratti monocromatici e immersi in contesti minimali, metteva in risalto l’aspetto più emotivo e sensibile del soggetto, spostando la fotografia verso una forma d’arte poetica, spesso onirica. Così, sia sul cartaceo che sul digitale, la moda è stata progressivamente immortalata e rappresentata nella sua sincera imperfezione, raccogliendo il consenso del grande pubblico sempre più attratto da contenuti genuini e non standardizzati. Oggi, i social media continuano a valorizzare la condivisione di momenti “dietro le quinte” o “senza filtri”, offrendo una visione più autentica rispetto alla perfezione studiata. 

Cecil Beaton
Cecil Beaton

L’autenticità dei micro-momenti

Ma i social media non sono gli unici a influenzare la crescente domanda di trasparenza e accessibilità nella moda. In tempi di incertezza, caratterizzati da recessioni economiche, conflitti e crisi politiche, la rappresentazione della moda tende a essere più semplice e modesta. I “micro momenti” nella fotografia di moda incarnano questa tendenza, celebrando l’imperfetto, il quotidiano, e superando il tradizionale concetto di glamour. Ecco che i set fotografici si spostano da location straordinarie a contesti più comuni, come case, strade urbane e parchi. Le campagne pubblicitarie di Bottega Veneta, ad esempio, sono spesso ambientate nelle strade trafficate delle città cosmopolite, come per la collezione Spring 2023, tra semafori rossi e portieri di palazzi. Sempre nello stesso anno, Burberry cattura piccoli attimi di vita londinese, protetti da riconoscibili ombrelli e trench a quadri. Nel 2024, Jimmy Choo sceglie una stazione di servizio come sfondo, mentre Prada ambienta i suoi scatti tra i taxi gialli e i tombini fumanti di New York. Dior e Balenciaga, invece, optano per ambientazioni domestiche, arricchite ora da eleganti poltrone in velluto rosso, ora da pavimenti optical. Queste ambientazioni poco complesse mettono in risalto il soggetto principale, permettendo una narrazione visiva concentrata e dimostrando che il contenuto può prevalere sulla complessità scenica. E se in passato l’accento era posto sull’esaltazione del lusso, oggi la fotografia di moda abbraccia una diversificazione che rispecchia linterconnessione della società contemporanea. I micro-momenti diventano così attimi preziosi, capaci di trasmettere emozioni genuine. Sono istanti fugaci che hanno la forza di restare vivi nel tempo, raccontando la bellezza e l’umanità nei loro aspetti più veri. E così, anche tra cent’anni, quando uno sconosciuto li guarderà, torneranno ad animarsi. 

Marta Melini 

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Marta Melini

Marta Melini

Nata e cresciuta in provincia di Bologna, ma da sempre in viaggio per l’Italia. Dopo gli studi in Design e Ingegneria Industriale al Politecnico di Valencia, è tornata in Italia dove ha conseguito prima la laurea magistrale in Fashion Studies…

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