A Torino una mostra sul fotografo Norman Parkinson: inventò la comunicazione di moda
Tra idee e stile, il curatore Terence Tepper mostra come il fotografo inglese ha raccontato le trasformazioni nel mondo della moda (e la nascita della sua comunicazione) nel corso del Novecento

È una storia lunga quella che Terence Pepper, curatore alla National Portrait Gallery di Londra, dedica al leggendario fotografo inglese Norman Parkinson in una grande mostra a Torino. Aperta dal 21 marzo al 29 giugno 2025 a Palazzo Falletti di Barolo, Norman Parkinson. Always in Fashion ripercorre la carriera dell’artista che in oltre 56 anni di lavoro ha raccontato le trasformazioni che il mondo della moda ha vissuto nel corso del Novecento.





La mostra “Norman Parkinson. Always in Fashion”
Un tour a tutti gli effetti, condensato in 80 immagini tra l’approccio dinamico e sperimentale e studi culturali che provano a fare chiarezza sui presupposti del bisogno umano di raffigurare. Non è un’impresa da esordienti: Norman Parkinson era un “artigiano della fotografia”, come amava definirsi, anche perché iniziò la sua carriera nei primi Anni ‘30 come apprendista per i fotografi di corte, Speaight e Sons Ltd.
Già da tempo studiosi di discipline diverse lavorano insieme per tracciare le coordinate evolutive della cultura visuale e narrativa della fotografia, e Terence Pepper partecipa a questo dibattito da anni: il tema della fotografia viene visto in una sorta di “darwinismo letterario”, lo studio delle condizioni che definiscono il fotografo come un artigiano della narrazione.

“Fare immagine” per Norman Parkinson
Con Norman Parkinson. Always in Fashion, prodotta da Ares, Terra Esplêndida e Iconic Images, si spinge ancora più indietro. Prima delle modelle e delle star, ci sono le immagini. Anzi, il “fare immagine” perché non siamo soltanto all’alba dell’atto artistico intenzionale della fotografia, ma di ciò che rende possibile l’esperienza di queste immagini, una forma di conoscenza che passa attraverso i sensi e il piacere che queste sensazioni ci danno. Qui Pepper crea un ponte tra gli Anni ’30 e le mode austere della seconda guerra mondiale, il New Look parigino degli Anni ’50 e la Swinging London degli Anni ’60, fino al glamour e allo sfarzo degli Anni ’70 e ’80.

La carriera di Norman Parkinson
Dal contesto quotidiano della città a quello suggestivo di luoghi lontani ed esotici, con un approccio dinamico e spontaneo, che ha ribaltato alcuni stilemi fondamentali del genere, traghettando la fotografia di moda nel futuro. E poi le modelle, non più nei soliti studi fotografici, ma in contesti nuovi come le strade, le spiagge: ne è un esempio la fotografia scattata nel 1939 a Pamela Minchin, in cui la modella viene immortalata per Harper’s Bazaar in costume da bagno di Fortnum & Mason, mentre salta a mezz’aria sulla spiaggia dell’isola di Wight, in Inghilterra. Norman Parkinson stesso disse sull’immagine: “Questo scatto mi ha confermato che per il resto della mia vita sarei stato un fotografo. Ero assolutamente sbalordito dalla magia”. Il suo è un lavoro fuori dagli schemi, che lo porta a reinventarsi con l’avvento degli Anni ’60 e ’70, tenendo il passo delle nuove generazioni. La collaborazione con la rivista The Queen lo porta poi a immortalare giovani modelle come Jerry Hall e Iman, anche stilisti come Yves Saint Laurent e Hubert de Givenchy.
Il mito di Norman Parkinson
Studiare questo patrimonio estetico è importante perché attraverso questi scatti Norman Parkinson non faceva solo immagini: faceva arte della mente. Le sue opere non sono altro che un fermo immagine per pensare e pensarsi, per raccontare e raccontarsi, e per questo nasce il mito di questo fotografo, che rimane un punto di riferimento per molti professionisti del settore contemporanei.
Alberto Corrado
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