Una mostra fotografica a Roma racconta il passaggio dall’arretratezza alla modernità

Parte dall’Italia per estendersi all’America e al Giappone il racconto per immagini che, con oltre 60 scatti, al Museo in Trastevere conduce alla scoperta di Nicola Sansone, fotografo che, tra gli Anni ‘50 e ‘60, ha documentato con fare antropologico la trasformazione di un’epoca

L’Italia post-bellica, ritratta intensamente da Nicola Sansone (1921-1984) è un panorama complesso, attento e commovente di istanti generati in un tempo che appare lontano e sospeso, inghiottito, oggi, nella contemporaneità che tutto dissipa. 
Al Museo di Roma in Trastevere una serie di fotografie in bianco e nero ritraggono persone del Sud nelle proprie storie e nelle proprie tradizioni culturali, divenendo così racconto e antropologia visiva, sulla scia degli studi di Ernesto De Martino che proprio fra fine degli Anni Cinquanta e gli inizi degli Anni Sessanta indagava il meridione d’Italia nella propria arretratezza intesa come forza e riscatto culturale attraverso le forme arcaiche del rito. 

L’Italia in trasformazione nelle fotografie di Nicola Sansone

Nelle fotografie di Sansone, uomini e donne sostano in attesa del nulla o compiono azioni di una quotidianità lontana: le vecchie in lutto ritratte, indossano gli abiti dal colore tenebroso, oscuro, nero come l’Ade, rimando perpetuo al culto antico dei defunti. Ma in queste fotografie vi è anche l’Italia in trasformazione, un paese che riemerge piano piano e ingloba in sé il consumismo, la moda, quella felicità sognata e inseguita che proveniva degli Stati Uniti, mondo felice e irraggiungibile. Di questi frammenti, sottolinea Renato Corsini, curatore della mostra insieme a Margherita Magnino: “Nicola Sansone sa rendersi puntuale e colto interprete, con un racconto mai banale e capace di coglierne i passaggi più significativi”, uno sguardo, quindi, di un paese che è in bilico fra modernità e arretratezza. 

La fotografia come libertà di Nicola Sansone, al Museo di Roma in Trastevere

I viaggi infiniti del fotoreporter napoletano ma di romana adozione, proseguono proprio nell’America dei grattacieli, delle strade trafficate, dei rotocalchi patinati, dei grandi magazzini di moda, dei caffè, degli autobus affollati: i ritratti che emergono sono potenti, sospesi fra fatalità delle pose e malinconia degli sguardi, donne e uomini chiusi in un abbraccio. Le sequenze proseguono con gli itinerari in Giappone: dai bambini agli anziani, al famoso mercato del pesce di Tsukiji a Tokio, alle strade popolate da passanti distratti in un bar o in coda a ridosso di una cabina telefonica. 

L’inclinazione antropologica di Nicola Sansone

Da queste immagini si percepisce l’approccio di Sansone alle persone, la sua inclinazione antropologica ad indagare l’uomo nella sua complessità, a guardare oltre, a percepire l’immagine come focus, lente d’ingrandimento, esperienza sociale, concentrato sempre sull’osservazione e sulla rappresentazione della realtà umana con forte intento documentaristico ed etico, attraverso un approccio partecipativo: iconica in questo senso è l’immagine scelta per la prima di copertina, una donna si abbraccia ad un uomo su una Vespetta, in un paesaggio sublime e suggestivo di un pontile quasi deserto. Questi aspetti di Sansone, come di altri suoi colleghi del tempo, lo confermano come uno fra i maggiori fotoreporter che sono riusciti ad usare l’apparecchio fotografico come strumento potente per raccontare il mondo con verità e sensibilità.

Fabio Petrelli

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Fabio Petrelli

Fabio Petrelli

Nato nel 1984 ad Acquaviva delle Fonti, è uno storico dell’arte. Laureato nel 2006 presso l’Accademia di Belle Arti di Roma con una tesi in storia dell’arte (Storie notturne di donne. La rappresentazione perturbante della donna dal XV secolo ad…

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