Tra fotografia e impegno sociale: il progetto Khatoon indaga il ruolo della donna in Pakistan
Dal Punjab rurale alle vette del Karakoram fino ai paesaggi urbani di Karachi, Islamabad e Lahore, il progetto di Giovanni de Mojana e Benedetta Gavazzi presenta fotografie e interviste audio che raccontano la resilienza di una società che sta attraversando un cambiamento radicale

Significa “donna” la parola in urdu “khatoon” che diventa il titolo del progetto, tra fotografia e impegno sociale, ideato e sviluppato dal fotoreporter Giovanni de Mojana e l’assistente sociale Benedetta Gavazzi. Il focus? Il ruolo della donna in Pakistan, un Paese giovane, nato meno di un secolo fa che oggi si classifica al penultimo posto nel Global Gender Gap Index 2024 e che solo dal 2018 celebra l’Aurat March, la Giornata Internazionale della Donna.












Il progetto fotografico “Khatoon” che esplora il ruolo della donna in Pakistan
Pugili, direttrici di ONG, cantanti, ballerine o motociclisti, provenienti dalle campagne del Punjab, dalle montagne del Karakoram o dalle metropoli di Karachi, Islamabad e Lahore, sono le protagoniste del saggio fotografico che racconta le battaglie per combattere le disuguaglianze nell’istruzione, nella sanità e nell’accesso alla vita pubblica, oltre nelle opportunità di carriera e nella vita domestica. Infatti, per esempio, secondo UN Women, le donne pakistane svolgono un carico di lavoro non retribuito nella cura e nella gestione domestica dieci volte superiore a quello degli uomini. Tuttavia, sono in atto cambiamenti dinamici all’interno della società, impensabili fino a un decennio fa: “Mentre le vecchie norme cedono il passo a nuove possibilità, la resilienza, l’intelligenza, il potere e la determinazione di queste donne emergono chiaramente, segnando un’evoluzione profonda e piena di speranza nel loro percorso verso l’emancipazione”, spiegano ad Artribune Gavazzi e de Mojana.
I luoghi del progetto fotografico “Khatoon”
Khatoon, avviato nel 2024, è stato finora presentato a Milano presso il centro CAM Garibaldi in collaborazione con il Consolato del Pakistan e Italian friends of TCF, all’Osteria del Treno dove è stata organizzata un’asta di beneficenza da Art Defender e TCF e da Fotobus Society a Parigi durante Paris Photo. Attualmente, invece, è esposto a Bordeaux in occasione di Paris Berlin Fotohaus (dal 2 al 27 aprile 2025), mentre verrà ospitato alla Somerset House di Londra dal 17 aprile al 5 maggio 2025, nella cornice del Sony Award, dove Khatoon è arrivato in shortlist nella categoria Professional Documentary Photography.









Il progetto fotografico “Khatoon” nelle parole di Gavazzi e de Mojana
“Confesso che siamo partiti senza una piena consapevolezza del lavoro che avremmo svolto lì. Nonostante l’ampia ricerca condotta nei mesi precedenti, le variabili in gioco erano molte. Tuttavia, dopo aver incontrato e intervistato le prime donne, tutto è diventato più chiaro: il nostro scopo era dare voce alle loro storie. Questa consapevolezza ha rafforzato il nostro senso di responsabilità, facendoci comprendere ancora di più il nostro ruolo di tramite e l’impatto potenziale del nostro lavoro. In Pakistan le donne affrontano sfide enormi, ma ho visto con i miei occhi quanto possano essere straordinarie: dal creare spazi di libertà e opportunità dove sembrava non ce ne fossero, come una palestra di boxe per sole ragazze in uno dei quartieri più conservativi di Karachi, alla digitalizzazione in zone rurali, dove sorgono edifici in cui le ragazze imparano a usare il computer, e tanto altro ancora”, racconta Benedetta Gavazzi, mentre Giovanni de Mojana spiega come abbia sempre visto la fotografia quale mezzo di consapevolezza e cambiamento, in grado di veicolare messaggi che vanno oltre l’oggetto in sé: “Sapere che il nostro progetto sta avendo tanta visibilità ci riempie di felicità. La soddisfazione più grande è arrivata nell’ottobre 2024, quando all’asta di beneficenza, organizzata da Art Defender e TCF e battuta da Filippo Lotti, siamo riusciti a raccogliere fondi per garantire un anno d’istruzione a sessanta bambini in Pakistan. Non sempre si ottengono risultati tangibili con i propri progetti e questo è forse ciò che ci rende più orgogliosi”.
Caterina Angelucci
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