Vita e morte nell’arte scandalosa di Joel-Peter Witkin. A Bologna
Per la prima volta nella città felsinea la personale di uno dei più grandi fotografi contemporanei; uno sguardo non convenzionale e provocatorio sulla psiche e le paure umane

La sua arte disturba e gli epiteti appiccicati al suo nome ne sono la prova: Joel-Peter Witkin (Brooklyn, 1939. Vive ad Albuquerque, Nuovo Messico), irriverente, maledetto, provocatorio, grottesco. Per citarne pochi. Il fotografo statunitense di fama internazionale riesce infatti a scomodare le sicurezze altrui con delle verità talmente ovvie da diventare sconvolgenti: moriremo e prima ancora, nel farlo, marciremo.
La fotografia irriverente di Witkin in Au Revoir a Bologna
Vita e morte, morte e vita. La sottile linea tra le due è implicita già nel titolo della sua personale alla CAR Gallery di Bologna, Au Revoir, che dà il nome anche al bozzetto in mostra, una donna malfatta con un drink al pene in mano, insieme a 11 scatti, esposti in collaborazione con il gallerista parigino Baudoin LeBon e lo Studio americano Joel-Peter Witkin.
L’artista evidenzia ciò che il mondo occidentale ignora o mortifica: la devianza, le deformità, il decadimento, la morte. In un mondo dove tutto deve essere giovane, bello e sano, i freaks di Witkin, i cadaveri, gli animali menomati e i frutti putrefatti disgustano. Ma Witkin va oltre, perché riesce a farlo con una raffinatezza e un preziosismo espressivo di alto livello, tanto che la sua arte diventa un ossimoro e gli opposti si impastano.




Alla Car Gallery di Bologna l’arte di Witkin che parla al subconscio
È pieno di carne ma è trascendente, ridondante da toccare l’essenziale, surreale e reale al tempo stesso. E’una miscela sputata fuori dal nostro subconscio, con le sue paure e i suoi incubi tenuti a bada da una razionalità incerta e alienata.
È quello che non ti aspetti, il pesce serpente (morto?) che sulla testa di un volto preraffaelita in posa classica, è attirato da un frutto marcescente in Imperfect Thirst (2016). O la premura con cui una donna intensa stringe al petto un teschio in La Belle et La Bête (2017).
La messa in scena dei tableaux fotografici di Witkin
Come la nostra vita è un insieme complicato di momenti, così anche le fotografie di Witkin sono l’agito di un lungo processo di ricerca che parte da una rivisitazione della storia dell’arte, passa attraverso bozzetti, posizionamento di oggetti, studio di dettagli, scatto fotografico, graffiatura e macchiatura con emulsioni chimiche dei negativi. Una messa in scena che alla fine diventa ob-scena nei tableaux (vivants?) che sono un costante memento mori e un conseguente carpe diem. Un sipario che rimanda alla simbologia cristiana e a famosi autori della storia dell’arte è Life is an Invention: The Constellation of Balthus (2008), con un collage di cinque umani in pose scomposte un po’deformi, e un gatto appeso a un gancio. Sotto le luci della ribalta di Night in a Small Town (2007) una centauressa fumatrice ha in mano uno spartito e una pianista le fa da contraltare.
Che siano corpi nudi o bestie, morti o vivi, sono tutti territori da esplorare, dissacrare ed esaltare nel grande teatro della vita.
Riccarda Riccò
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