Brexit: la Creative Industries Federation stila le linee guida per garantire libertà agli artisti
Mentre infuria il dibattito sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, la Creative Industries Federation ha stilato alcune linee guida suggerite per l’agenda governativa dei negoziati con Bruxelles che si apriranno la prossima settimana. Ma intanto, il mondo dell’arte si è già espresso sulla vicenda. Forse con le idee poco chiare.
Sulla Brexit si è detto tutto e il contrario di tutto, ma ancora non c’è niente di certo su quello che sarà lo scenario futuro in Gran Bretagna e in Europa. Ridotto ai minimi termini, lo scontro vede da una parte il blocco euroscettico che contesta la dimensione affaristica dell’Unione, e la prevalenza delle politiche monetarie tedesche; dall’altra parte, i fautori di un’Europa intesa come patria comune, con illimitata libertà di movimento, di lavoro, di studio. Da quest’ultimo punto di vista, paventando possibili difficoltà per la comunità dell’arte (e il relativo business), la Creative Industries Federation ha rivolto al Governo un appello per un accordo di uscita che tuteli in primo luogo la libertà di movimento dei lavoratori dell’UE, ivi compresi gli artisti impegnati in mostre, spettacoli, concerti, in Gran Bretagna; fondamentale sarà il mantenimento dell’accesso reciproco al mercato per la distribuzione di produzioni cinematografiche e televisive fra Regno Unito e Unione Europea. Si sottolinea infine l’importanza di continuare a partecipare a programmi europei, come Creative Europe, Horizon 2020 e Erasmus +. Proposte collaborative e non polemiche, lontane dal clima che regna fra gli artisti “sul campo”.
COME HA REAGITO IL MONDO DELL’ARTE ALLA BREXIT
Già nel 2016, alla vigilia del referendum convocato dall’allora premier David Cameron sull’eventuale uscita, si levò la voce significativa dell’illustratore greco Ilias Sounas, diretto testimone dell’austerità imposta da Bruxelles, con immagini senza dubbio forti, che non esitano a utilizzare la simbologia nazionalsocialista, si accusa l’Unione di aver letteralmente poste le sue catene agli Stati; uscirne, è l’unico modo per riacquistare la libertà. L’intera serie Brexit è visibile sul sito. C’è chi invece, come Banksy, vede la questione, per così dire, “da sinistra”, e si schiera contro l’uscita dalla UE attaccando duramente il partito nazionalista UKIP su un muro di Bristol. Ancora più emblematico, e sottile, il murales di Dover, cittadina scelta simbolicamente perché una delle porte di entrata e di uscita dal Paese; entrata e uscite che, non si capisce su quali basi, vengono già predette come più difficili.
IL PROGETTO DI GRAYSON PERRY
Più ironico il progetto di Grayson Perry che esprime la sua contrarietà alla Brexit, avvisando però i collezionisti sull’alto prezzo che chiederà per i due vasi esposti a Londra. Un rapido passaggio in secondo piano della sbandierata coscienza europeista. Il collettivo WeAreEurope, ha invece riletto la celeberrima fotografia del bacio fra Breznev e Honecker, simbolo dell’amicizia fra URSS e Repubblica Democratica Tedesca, per ironizzare sul medesimo rapporto che potrà legare i conservatori inglesi, qui rappresentati da Boris Johnson, ai Repubblicani di Trump. Ma forse, andando a rivedere il trattamento subito dalla Grecia, forse gli Stati europei hanno più motivi di temere la Germania che gli USA. E il vignettista Marian Kamensky, infine, legge l’uscita alla stregua di un suicidio.
DEMAGOGIA?
L’impressione però è che anche il mondo dell’arte, alla stregua di alcuni partiti politici, abbia affrontata la questione soltanto sull’onda emotiva delle proprie convinzioni più o meno europeiste, indulgendo anche nella demagogia. Nella realtà dei fatti, cosa sarà la Brexit non è ancora noto a nessuno, e con molta probabilità le decisioni verranno prese nel segreto di uffici bancari o comunque legati ai poteri forti dell’economia, con accordi stretti non a tutela delle libertà dei cittadini, ma a tutela delle quote di mercato. A dispetto delle apparenze, questa non è una battaglia di popolo, ma una questione che oltrepassa i confini britannici e va a toccare questioni di dazi, limitazioni al transito delle merci e alle relative vendite, oltre alla politica dell’emergenza immigrazione, sin qui ambiguamente gestita da Bruxelles. Eppure, soltanto un greco – che sulla sua pelle ha vissuto la “generosità” dell’Unione Europea -, pur in maniera provocatoria, è stato capace di andare oltre la vulgata e affrontare fatti concreti, dimostrando una certa conoscenza dell’attualità. Il resto della comunità artistica ha persa l’occasione di far sentire la propria voce in maniera autorevole, puntando il dito contro i veri poteri forti europei e non solo, che continuano ad essere l’ostacolo a una compiuta democrazia nel mondo. Anche proclamandosi a favore dell’Unione Europea, la coerenza intellettuale imporrebbe di riconoscere le sue mancanze.
– Niccolò Lucarelli
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