Pisa, nessuno tocchi quel murale. L’assessore leghista, Keith Haring e i radical-chic

Storia di un assessore che non amava Keith Haring e snobbava l’opera d’arte pubblica più nota in città. Valanga di polemiche e insulti. Poi le spiegazioni, quindi la resa. Una partenza decisamente tormentata, quella di Andrea Buscemi, nella nuova giunta comunale di Pisa…

Il contrasto è di quelli incisivi, forti, capaci di modificare la percezione di uno scorcio urbano. Da un lato la trecentesca Chiesa di Sant’Antonio abate, gioiello del centro storico di Pisa; dall’altro, disteso su una facciata cieca dello stesso edificio religioso, un mega graffito a tinte piatte: 10 metri di altezza, 18 di larghezza, per un intreccio di piccole sagome stilizzate, variopinte, colte in varie pose dinamiche, a formare al centro la tradizionale croce pisana.
Si tratta di uno dei più imponenti muri mai realizzati da Keith Haring. Era il giugno del 1989 e l’impresa, portata a termine in soli quattro giorni, nasceva su invito di un amico e grazie a un accordo con il parroco e il Comune. Un’opera pubblica permanente, sottratta alla logica consueta dell’effimero e della clandestinità: l’ultima che Haring firmò prima di morire. l’Aids l’avrebbe ucciso 8 mesi dopo, nel febbraio del 1990.
Tuttomondo – questo il titolo scelto, direttamente in italiano – è un’immagine che celebra la complessità dell’esistenza, tra pace e conflitto, artificio tecnologico e armonie di natura. Lo stesso artista annotò sui suoi diari: “Mi rendo conto ora che si tratta di uno dei progetti più importanti che abbia mai fatto“. Ed è un vero e proprio tesoro contemporaneo, che la città custodisce gelosamente e che di recente è stato sottoposto a restauro.

Keith Haring, Stedelijk Museum in Amsterdam,1986

Keith Haring, Stedelijk Museum in Amsterdam,1986

L’ASSESSORE LEGHISTA TRA LE POLEMICHE

Non tutti apprezzano, però. E non ci sarebbe nulla di male, se il punto fosse amare o non amare Keith Haring, conoscere o meno la storia de Graffitismo, condividere o criticare l’innesto audace tra l’arte del presente e i beni monumentali, fra tradizione storica e controculture urbane. Tutto è lecito, nel corso di un dibattito sano, marcando bene le soglie tra gusto soggettivo, analisi storico-critica, opinione sui fatti e comprensione dei fenomeni. Tutto, a parte il giudizio tranchant buttato lì per fare rumore e demolire, con quel piacere sottile d’essere per forza controcorrente. A prescindere anche da ruoli e responsabilità istituzionali.
Ed è qui che è inciampato il neo Assessore alla Cultura di Pisa, l’attore Andrea Buscemi, nominato in quota leghista dalla nuova giunta Conti: una polemica di troppo, esplosa nel mezzo dell’estate, perfetta per accendere ulteriormente i riflettori su un personaggio che stava già facendo discutere a causa di altre scomode questioni. Accusato dall’ex compagna di stalking, prosciolto in Appello grazie alla prescrizione, ma condannato al risarcimento danni e al pagamento delle spese processuali (“I reati gli sono stati riconosciuti: le minacce, i pedinamenti, gli inseguimenti messi in atto da lui e da agenti investigativi che aveva ingaggiato per terrorizzarmi. Appostamenti, telefonate, centinaia di sms: sono tutti fatti documentati e provati dai verbali di polizia“, ha raccontato la donna al Corriere Fiorentino), Buscemi è stato oggetto di una petizione su Change.org per la rimozione dall’incarico in giunta. Migliaia le firme raccolte in pochi giorni.
Il nuovo corso di centro-destra delle ex roccaforti rosse in Toscana sembra così mostrare all’avvio qualche problema, almeno in fatto di cultura: viene alla mente il caso di Siena, che un assessore a cui rimproverare uscite infelici nemmeno ce l’ha. Il neo sindaco Luigi De Mossi ha pensato bene di poterne fare a meno, almeno fino a oggi.

L'assessore alla cultura del Comune di Pisa, Andrea Buscemi

L’assessore alla cultura del Comune di Pisa, Andrea Buscemi

BUSCEMI CONTRO HARING

Alle ombre giudiziarie su Buscemi si somma dunque una faccenda nuova. Il casus belli coincide con un passaggio contenuto nel suo libro Rivoglio Pisa (Eclettica Edizioni), dedicato al tema dei beni culturali e alla valorizzazione del territorio pisano. L’autore non dimentica di citare il celeberrimo muro: “A Pisa si dà risalto in tutti i modi (si stampano cartoline e manifesti, magliette e souvenir di ogni tipo, persino tazzine, piatti e bicchieri) per pubblicizzare quel modestissimo e banalissimo murale di ispirazione metropolitana che è Tuttomondo del newyorkese Keith Haring, che qualche mente perversa (e profondamente, grottescamente radical chic) autorizzò una trentina d’anni fa ad essere realizzato sul muro del convento di Sant’Antonio…”.
Come liquidare in poche, superficiali battute una delle più note opere murarie di uno dei più brillanti pionieri del Writing e della Street Art, traghettato dalla pura ricerca underground, fra le strade delle metropoli postmoderne, alla piena celebrazione da parte del mainstream museale e dell’art system ufficiale: icona pop amatissima, la figura di Haring incarna i processi di metabolizzazione, addomesticamento, commercializzazione e accesso al sapere accademico con cui si sono confrontate, nella modernità, le grandi rivoluzioni estetiche, creative, linguistiche, intellettuali.

Tuttomondo di Keith Haring, 1989, dettaglio chiesa di S.Antonio abate, Pisa

Tuttomondo di Keith Haring, 1989, dettaglio chiesa di S.Antonio abate, Pisa

ROBA PER RADICAL CHIC

Per l’assessore, invece, è solo fuffa “grottescamente radical chic”. La tentazione di sfoderare il neologismo più in voga del momento è irresistibile. Dal fronte della destra populista tutto ciò che è vagamente colto, espresso in un buon italiano, progressista, democratico, inclusivo, europeista, anti nazionalista, nonché contrario alla fasulla retorica pro-cittadini, si definisce “radical-chic”. Con l’aggettivo “buonista” perfettamente complementare. L’arte contemporanea, con la sua nicchia di professionisti ed estimatori, lontana dal verbo della tradizione, starebbe tutta di là, sull’incriminato cotè borghese. Anche quando è arte nata in strada, in forma di contestazione, come riappropriazione di spazi colonizzati da speculatori, pubblicità e leggi del mercato. Sottigliezze. Il calderone è uno ed è per forza manicheo. A favore di diatriba social.
Il muro di Haring sarebbe allora una cosa mediocre, pompata oltremodo dalla cricca dell’arte, al di là del suo reale valore (i parametri li stabilisce lo stesso Buscemi, si suppone). Un’operina da niente, che qualche “perverso” sostenitore dell’innesto tra centri storici e nuove forme d’arte aveva autorizzato 30 anni fa. Il disprezzo emerge, forte e chiaro.

Il brano incriminato dal libro dell'assessore Buscemi

Il brano incriminato dal libro dell’assessore Buscemi

LA DIFESA

Anche se, come specifica l’assessore, l’oggetto della sua disamina era piuttosto l’incapacità degli amministratori locali di puntare sulle tante bellezze del territorio, di amplificarne a dovere le potenzialità. In altri termini: oltre il murale idolatrato dalle folle, a Pisa, c’è di più. Scrive Buscemi sulla sua pagina Facebook, difendendosi dalla pioggia di attacchi apparsi su stampa e social: “Il delirio nasce da una considerazione che ho scritto nel libro RIVOGLIO PISA, dove in sostanza mi chiedo perché, oltre al merchandising che viene fatto per quel murale, Pisa non ne fa anche per grandi sue opere straordinarie come il Trionfo della Morte del Camposanto Vecchio o un Crocefisso di Giunta Pisano conservato in San Matteo (che io reputo superiori e, soprattutto, reali esempi di Arte pisana: e qui, se volete, aprite il dibattito)”.
Assessore frainteso, ingiustamente colpito? Non proprio. Vero è che il tema stava nell’insufficiente attenzione riservata al patrimonio storico, non abbastanza raccontato, celebrato, valorizzato. Ma Buscemi, in quelle pagine, ha detto anche altro. E l’ha detto male, senza avanzare alcuna analisi competente e compiuta, ostentando semmai tutta l’insofferenza di chi detesta a titolo personale una cosa, e ancor di più detesta le masse che invece la amano, in virtù del suo potere seduttivo facile-facile. Insomma, all’assessore non piace la piega populista di alcuni fenomeni dell’arte, ridotti a mera decorazione, tra mass media e feticismo pop. Chi era il radical-chic?

Pisa, l'opera Tuttomondo di Keith Haring sulla chiesa di S.Antonio, a Pisa ph. by Pom' via Flickr

Pisa, l’opera Tuttomondo di Keith Haring sulla chiesa di S.Antonio, a Pisa ph. by Pom’ via Flickr

IL LIETO EPILOGO

Peccato che Keith Haring, oltre a essere una garanzia per le biglietterie dei musei e una miniera di pattern per t-shirt, tazze e mouse-pad, è un artista significativo, che ha segnato un pezzo di storia della cultura visiva contemporanea: per capire la natura di certe evoluzioni del gusto e del linguaggio occorre passare anche da lui. Superando eventuali antipatie.
La pacificazione alla fine è arrivata, di nuovo sui social. “La levata di scudi in difesa del murale di Haring a Pisa”, scrive Buscemi su Facebook, “mi fa piacere (al netto degli insulti contro di me: ma si sa, i cafoni e gli ottusi sono poco gestibili). Ne è nato un piccolo dibattito sull’arte, inaspettato e ricco di spunti. Ci fa capire che, all’occorrenza, in una città che sembra distratta e appagata, l’ arte mantiene il proprio ruolo. Meglio così, viva il murale di Haring!  Adesso invito i suoi sostenitori ( a cui mi associo anch’io senza riserve) a visitare anche lo splendido affresco sul Trionfo della Morte di Buffalmacco tornato recentemente in Camposanto Vecchio dopo un restauro durato decenni. Un esperienza emozionante e impagabile. EVVIVA TUTTA L’ ARTE!!!”.
Tarallucci e vino come se non ci fosse un domani. Addirittura “senza riserve”, Andrea Buscemi ritratta (per fortuna) e benedice l’icona cittadina. Lezione numero uno imparata: mettersi contro un’opera d’arte pubblica storicizzata, amata, difesa e vissuta dai residenti come bene comune, è un rischio. Assolutamente lecito, ma difficile da governare. Le strade hanno codici, storie, dialettiche proprie e una grande capacità di creare valore sociale. A proposito di identità e di territori. Se poi fai l’Assessore alla Cultura, approfondire (e contare fino a dieci prima di sparare) ti tocca davvero.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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